La distanza, da problema ad opportunità

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La distanza, da problema ad opportunità

Il coraggio non è la forza di andare avanti,è andare avanti quando non hai più forze. Napoleone Bonaparte

La “distanza come distanziamento” si è imposta come modus vivendi per tutti. Questo scenario ha portato cambiamenti nel lavoro, nei rapporti sociali, nella gestione dello spazio e del tempo. La società ha visto l’introduzione massiccia di tecnologie digitali che hanno invaso tutte le sfere di vita: relazioni, lavoro, acquisti, svago, cultura, religione, sport. Si è diffuso un senso di precarietà ed incertezza, diventato per certi aspetti endemico al mondo intero.

Altri problemi in evidenza sono:

- Il distanziamento sociale comporta un distanziamento psicologico-affettivo.
- Il lavoro a distanza riduce gli “scambi umani” tra le persone, azzerando quelle sfumature emotive-relazionali che soltanto la presenza è in grado di far vivere.
- Il contatto a distanza, intermediato dagli schermi, riduce la componente affettiva e di simpatia legata al linguaggio del corpo in presenza. Oggi, per costruire la relazione, ci affidiamo alle parole, al tono di voce, alla capacità di “bucare lo schermo” (anche con sfondi virtuali più o meno creativi), a presentazioni animate e quanto più possibile “emozionali”.

Nello stesso tempo, ognuno ha potuto cogliere opportunità per conoscersi meglio e per mettersi alla prova. La centralità del ruolo delle persone nelle organizzazioni ha assunto un’importanza ancora più rilevante di prima. Gli individui sono creatori di opportunità e promotori di idee e di innovazione.
Ma non tutti ce la fanno o ce l’hanno fatta. Per questo motivo, nella gestione dei team, saper applicare l’intelligenza emotiva diventa prioritario in scenari come questi.

Un condizionamento forte a cui siamo sottoposti è quello della necessità – vera o percepita – di agire in fretta, "come se non ci fosse un domani”. Si privilegia quindi il pensiero veloce, intuitivo, fatto di "scorciatoie mentali", a discapito del pensiero lento, più riflessivo e razionale.
Tuttavia, uno non esclude l'altro, anzi.

La bravura sta proprio nel renderli complementari. Comprendere quando è il momento di affidarsi all’intuito e alla decisione rapida e quando invece bisogna fermarsi a riflettere e a ponderare con calma le decisioni, è l’attuale focus formativo dei corsi sul pensiero critico e sulla capacità di risolvere problemi. Padroneggiare il fattore tempo è essenziale ma non basta. Bisogna essere bravi nell’arginare spesso una massa enorme di informazioni, vagliarle e costruire una visione di insieme dotata di senso e fruibile. Più la decisione è importante, meglio è pensarci sopra.

La distanza, da problema ad opportunità

Insomma, il domani esiste eccome...
Quali sono oggi le sfide? Che cosa è richiesto alle persone?

Riassumiamo alcuni punti chiave:

1. Raggiungere e mantenere una prestazione “sopra la media di un ordinario ufficio in presenza”

2. Dimostrare resistenza a stress, pressioni e burnout (tenuta mentale, equilibrio)

3. Mettere in campo comportamenti innovativi e creativi (proattività, idee, soluzioni)

4. Sapersi ingaggiare in attività di sviluppo (darsi nuovi compiti, nuove sfide)

5. Personalizzare / rimodellare il proprio ruolo lavorativo (Job Crafting)

Un approfondimento sul “Job Crafting”. L’espressione è stata coniata da un gruppo di psicologi statunitensi nel 2001. Significa la capacità e l’opportunità di rimodellare il proprio lavoro, adattandolo a nuove esigenze o facendolo corrispondere a gusti e stimoli personali.
Un impiegato amministrativo, un commesso o una commessa di un punto vendita, un tecnico, un addetto di back office, possono trovare un modo per variare la loro routine di lavoro, per esempio distribuendo in modo diverso le attività da svolgere durante l’arco di tempo lavorativo o trovare nuovi modi per svolgerle.

L’aspetto interessante del Job Crafting, per profili lavorativi non manageriali, è la possibilità di cambiare la percezione del proprio lavoro, trovando nuovi stimoli e variazioni rispetto alle “solite cose da fare”. Una sorta di approccio lavorativo “extra ruolo” che porta le persone al passaggio dal focalizzarsi sul “cosa devo fare” al “come posso farlo meglio o in modo diverso”, per risparmiare tempo, energie e aumentare la motivazione.

6. Regola del “Just in mind”: ogni momento è buono per apprendere e apprendere il buono (ciò che utile o interessante) da ogni momento. Tutto e tutti possono sempre insegnarci qualcosa. Come il “vecchio” ma sempre valido principio organizzativo del “Just in time” che prevede l’approvvigionamento di materie prime esattamente nel momento in cui viene richiesta la produzione di un prodotto, allo scopo di ridurre i costi legati all'accumulo di scorte, così il Just in mind prevede l’apprendimento rapido di quello che serve, quando serve, senza perdere tempo.

Esercizio: piano di lavoro

1. Come valuto competenze e atteggiamenti nel mio team rispetto a questi sei punti?
Quali criteri o punti di osservazione adotto per valutare?

2. Quali azioni formative possono essere utili per aiutare le persone a lavorare in modo efficace su questi sei punti?

3. Come responsabile, quali azioni di supporto manageriale posso mettere in gioco per rafforzare ancora di più gli interventi formativi?

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