La fuga dalla realta'

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La fuga dalla realta'

Un articolo de Il Messaggero del 26 gennaio 2002 riporta questi dati riferiti ad una situazione italiana:

  •  21.550 maghi e astrologi,
  • 5 miliardi di euro di fatturato,
  • 10.000.000 di clienti,
  •  7.000 denunce dal 1994 al dicembre 2001.

Il business dell’irrazionale rende, l’oroscopo, insieme alla meteorologia, è uno degli argomenti sempre di voga per rompere il ghiaccio nei rapporti interpersonali o promuovere la propria simpatia verso l’interlocutore.

Del resto, credere che le stelle influenzino il nostro destino è una convinzione che ci portiamo dietro fin dalla notte dei tempi.

Probabilmente, tale pensiero deriva dal fatto che siamo “esseri simbolici”, magari anche inguaribili romantici, affascinati dal suggestivo mistero delle costellazioni e della luna che ci guarda da millenni sempre con lo stesso sguardo.

Tuttavia, finché i segni zodiacali rimangono un “gioco comunicativo”, una visione poetica o un modo per descrivere simpaticamente una caratteristica personale va tutto bene.

I problemi nascono quando qualcuno ci crede veramente e si affida all’incantatore di serpenti di turno che tira fuori la sfera di cristallo per leggere nel futuro di chi si rivolge a lui o a lei.

Oggi, le nuove sindromi sono legate a tutti quei comportamenti che potremmo riassumere nell’espressione: “Fuga dalla Realtà”, con il conseguente rifugio nell’irrazionale e nel “mito nevrotico” della previsione a tutti i costi.

Un esempio di mito nevrotico sempre più diffuso è il sogno ad occhi aperti di cambiare vita attraverso il colpo di fortuna – una vincita alla lotteria o il diventare all’improvviso famosi partecipando al Grande Fratello.

Secondo Paolo Pancheri, psichiatra e docente dell’Università La Sapienza di Roma, “La grande insicurezza individuale richiede miti a cui aggrapparsi.

Di dipendenza si vive, ma noi stiamo diventando patologici” 8 .

Le persone diventano dei “fuggitivi” quando si buttano nel gioco d’azzardo, si ubriacano di lavoro e/o affidano il loro sonno e la loro “tranquillità” agli psicofarmaci, in un continuo tentativo di anestetizzare le emozioni ed i sentimenti che provengono dalla vita reale.

Molti adulti si dimostrano dei veri e propri analfabeti emotivi, diventando preda di tutte quelle ansie tipiche della contemporaneità, alcune delle quali sono differenziabili anche per genere.

Per i maschi:

  • timore della prestazione sia in senso professionale sia sessuale;
  • paura di ammalarsi o di stancarsi;
  • paura di non avere un tenore di vita “consumistico” – possibilità di
    acquistare sempre più beni.

Per le femmine:

  • paura di sbagliare puntando tutto sul lavoro;
  • paura di non essere belle per emergere o quantomeno essere conformi ai clichè imposti dalla moda e dai modelli mediatici;
  • paura di non essere la migliore delle mamme.
La fuga dalla realta'

Sempre a proposito di “differenze di genere”, rispetto al modo di vivere i cambiamenti e le ansie più o meno sottili che ne derivano, trovo utile riportare alcune riflessioni tratte da interviste

condotte da Marida Lombardo Pijola nell’articolo de Il Messaggero del 4 maggio 2002.

Per Franco Ferrarotti, “Gli uomini sono arciconservatori.

Le donne maturano verso i trenta anni.

Gli uomini, invece, tra i quaranta ed i cinquanta.

E quando finalmente hanno conquistato questa condizione, non vogliono muoversi di un passo, tendono a difenderla graniticamente.

È così: c’è una asimmetria, una vera dissonanza tra i tempi di maturazione dell’uomo e della donna, che è tra le cause della crisi di coppia.

È questo che fa sentire l’uomo minacciato nel suo potere, in crisi come non era mai stato prima”.

Per Renzo Arbore, “Indubbiamente noi uomini abbiamo spiccatissima questa tendenza a ricordare, a rifugiarci nel passato, a rimanere attaccati a quella canzone, a quel film, a quella poesia, a dire sempre ‘ai miei tempi’ o ‘una volta’, invece di vivere tuffati nel presente.

Siamo mentalmente conservatori, pigri, ostili ai cambiamenti.

Per questo è come se invecchiassimo precocemente, prima delle donne.

Loro, arrivate alla maturità, si mettono in discussione, sono prese dalla voglia di esplorare, di crescere.

Gli uomini fanno di tutto per trattenerle accanto a sé, smussare gli angoli, allentare le tensioni, magari chiudendosi nel famigerato mutismo”.

Per Vera Slepoj, “Assai più della donna, che è più curiosa, coraggiosa, dinamica, l’uomo mentre tutto cambia così rapidamente, ha la tendenza a cercare la stabilità, a rifugiarsi in essa.

Ha paura dei cambiamenti perché portano rischio, sofferenza.

Non è abituato alle trasformazioni come le donne, che le hanno vissute sul proprio corpo e nella propria mente, attraverso la procreazione, o l’inizio e la fine della fertilità.

L’uomo cocciutamente rifiuta di soffrire, rifiutandosi di sottomettersi al tempo che passa e trasfigura.

Da qui insicurezza e fragilità”.

Naturalmente, le riflessioni sulle differenze di genere vanno sempre prese con le pinze perché bisogna comunque riferirsi sia alle singole persone, altrimenti è facile cadere in stereotipi e pregiudizi, sia tenere bene a mente che oggi tali differenze risultano sempre più sfumate.

In sintesi, chi fugge dalla realtà lo fa perché prova difficoltà a guardarla in faccia, perché il narcisismo gli impedisce di sentirsi “umano tra gli umani” e quindi è molto più facile apparire che essere.

Nel mondo delle apparenze e delle vetrine, la noia, l’indifferenza, il “già visto, già provato”, il disimpegno sociale, rappresentano il connotato psicologico di chi vive la realtà come un grande reality, un palcoscenico sul quale esibirsi in continuazione non come un “artista della vita” bensì come un personaggio da spot pubblicitario narciso ed autoreferenziale, sempre in cerca di un mondo o di una condizione di vita ideale che, per definizione, non esiste.

7 Altre persone che si prendono cura di un bambino in ambito familiare – nonni, zii, altri parenti.

8 Intervista su La Repubblica del 24 febbraio 2000.

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