La psicologia del cambiamento

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La psicologia del cambiamento

“Le cose cambiano.

Stamani la camicia era pulita e stirata; adesso è sporca e stropicciata.

Le banane, che erano acerbe, sono maturate.

E il caffé nella tazzina si sta raffreddando.

Nemmeno io sono quello di una volta: sono invecchiato, ho perso molti capelli, ho letteralmente cambiato ogni cellula del mio corpo.

Eppure c’è un senso importante in cui sono sempre io, così come è naturale pensare che questa camicia sia proprio quella che ho indossato al risveglio e queste banane le stesse che ieri erano in negozio...”.

Scene di vita quotidiana descritte in que- ste considerazioni del filosofo contemporaneo Achille Varzi1 ed indica- tive di quel fenomeno cosi semplice e complesso nello stesso tempo a cui diamo il nome di “cambiamento”.

Lo viviamo tutti, nelle forme più svariate, nella soggettività delle percezioni, attraverso un’ampia gamma di sfumature emotive, elaborando profonde riflessioni con un dotto lin- guaggio o rimanendo sulla superficie del significato con le parole di tutti i giorni.

Nonostante la “popolarità” del concetto, arrivare a comprendere e definire la natura ed i significati del cambiamento ha rappresentato per l’uomo un’ardua sfida fin dalla notte dei tempi.

La ruota della nostra Storia ha sempre girato intorno a due assi in- crociati: la paura del nuovo ed il coraggio di esplorarlo.

La psiche uni- versale dell’essere umano ha scandito il tempo della sua evoluzione come un pendolo oscillante tra due “archetipi”2 fondamentali:

  1.  la paura dell’ignoto;
  1. l’eroismo di scoprire cosa ci fosse al di là delle “Colonne d’Ercole di
    ogni situazione” – Uscire dalle caverne – esplorare i territori – co- struire le civiltà.
    A proposito delle famose Colonne, Tucidide, lo storico dell’anti-chità, affermava che oltre quel limite le navi rischiavano “di cadere giù dall’orlo del mondo” e nessuno pertanto osava avventurarsi.
    Cristoforo Colombo, incarnando l’archetipo dell’eroe, ruppe ogni indugio e partì alla volta del Nuovo Mondo.
    Oggi anche questi archetipi primordiali si sono evoluti perchè sono cambiati i tempi e noi con loro.
    Tuttavia, la sottile ansia o la profonda angoscia dell’incertezza esi- stenziale permane, che ne siamo coscienti o no, in ognuno di noi.
    «Niente è sicuro, neanche il peggio», afferma Edgar Morin3.
    Quando svolgo interventi di formazione, riguardanti il tema specifi- co della “Gestione del Cambiamento”, i partecipanti, durante l’iniziale giro tavolo di presentazione, esprimono una serie di aspettative che mi piace riportare qui di seguito come alcune tra le “domande” alle quali questo libro è dedicato:
  •  qual è il “giusto approccio” al cambiamento?
  • come trarre il “positivo” dagli eventi?
  • come allenarsi nella palestra della vita?
  • quando ci troviamo ad affrontare un cambiamento, come “uscirne bene?”
  • come autovalutare le personali modalità di approccio ai cambiamen- ti?
  • come “rivisitare” il passato senza rimanervi imprigionati?
  •  come interpretare i cambiamenti?
  •  le favole e le metafore in che modo si applicano alla vita reale?
  • qual è il “valore” del cambiamento?
    L’obiettivo di questo volume è dunque quello di generare nel lettore

un lavoro interiore utile a sviluppare consapevolezza di come poter governare con efficacia i cambiamenti della vita, attraverso il recupero dell’autentica matrice dei significati legati al concetto di cambiamento.

Troppo spesso, infatti, le parole vengono svuotate dei loro contenuti vitali e mummificate attraverso quel processo di banalizzazione dei termini che attualmente caratterizza il nostro contesto socioculturale.

Pertanto, l’invito che rivolgiamo al lettore è quello di considerare gli argomenti e gli stimoli presenti nel libro come uno scoglio dal quale la riflessione personale possa tuffarsi in un limpido mare di intuizioni ed esplorare i fondali dei possibili significati.

Una volta immersi nella lettura, scopriremo che molto probabilmen- te la “mission impossible” di ogni tipo di cambiamento diventa quella di trovare dei “punti fermi” a cui ancorare le nostre “certezze”, capire come fare il rafting nel torrente dell’esistenza senza farsi travolgere dalla piena degli eventi e delle emozioni.

La psicologia del cambiamento

 

Il paradosso quotidiano del cambiamento risiede nel cercare la consistenza nell’inconsistenza, la solidità nella fluidità, l’identità personale nella mutevolezza delle no- stre diverse età anagrafiche e mentali.

E poi ancora altre domande sulle quali ragionare o far divertire la fantasia:

  • viviamo la vita o sopravviviamo ai cambiamenti?
  • se l’attimo è fuggente, come possiamo coglierlo?
  • quali sono le differenze, in termini di vissuti e risorse, tra un cambiamento desiderato ed un cambiamento imposto/subito?
  • se nessuno è mai tornato dall’“aldilà” per raccontarci come è andato il “viaggio”, come possiamo attrezzarci nell’“aldiquà” per affrontar-
    lo in modo opportuno quando sarà il nostro momento?

Sicuramente, alcuni quesiti rimarranno senza risposta.

Tuttavia, crediamo che il fascino dei cambiamenti e della Storia, in- tesa come “l’inaspettato che arriva” (Erodoto), consista proprio in que- sto non sapere.

“Si possono prevedere la guerra e la rivoluzione.

Non si possono prevedere le conseguenze di una caccia alle anitre in autunno” (Lev Trockij).

Nel mondo del cambiamento, dunque, può accadere che l’evento quotidiano sia imprevedibile mentre quello straordinario tranquillamente prevedibile.

In ogni caso, la scelta del verbo “governare”, utilizzato nel titolo del libro, non è casuale.

Indica il fatto che ognuno di noi è chiamato ad essere il timoniere che governa il veliero della propria vita, in un oceano di cambiamenti e di trasformazioni.

Il verbo “gestire”, così inflazionato, associato al termine cambia- mento produce un effetto surgelante, privando il concetto di tutta la sua ricchezza emotiva e poetica.

Per governare i cambiamenti in modo soddisfacente, così come del resto per vivere, sono necessarie le passioni.

Le passioni che viviamo – nella vita personale, affettiva e lavorativa – sono i venti che ci condurranno nel tranquillo porto della saggezza.

Occorre naturalmente avere chiara “la rotta da seguire” – uno stile di vita intelligente –, essere pronti e bravi nel recuperare le “derive” – i momenti di crisi – ed evitare quindi pericolosi “naufragi” – malesseri e patologie – o il ritrovarsi “in secca” – fasi di stallo prolungato.

Una volta armata la prora, non resta altro che salpare, prendere il largo e godersi il gioco dei colori di albe e tramonti sulla linea infinita dell’orizzonte, la fresca brezza marina, gli spruzzi d’acqua ed il volo degli albatros sospinti dal vento sullo sfondo di nuvole infuocate...

Buon viaggio!

3 L’identità umana, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002

1 Articolo de Il Messaggero, maggio 2006.

2 Secondo l’accezione junghiana, sono immagini/simboli mentali innati e connaturati all’uma- nità del nostro essere, presenti in tutte le culture della Terra.

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