basi neurofisiologiche del cambiamento

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Basi neurofisiologiche del cambiamento

Che cosa succede alla neurofisiologia del nostro cervello quando avviene un cambiamento?

Per rispondere in modo semplice ad una domanda così complessa, invito il lettore a provare il “gioco della firma”.

Il gioco della firma

Prendi un foglio bianco e con una penna traccia una riga orizzontale a metà del foglio.

Sulla parte superiore scrivi: “PRIMA PROVA” e sulla parte inferiore “SECONDA PROVA”.

Nello spazio sottostante alla scritta “prima prova”, apponi la tua firma per esteso per come sei abituato a farla normalmente:

Prima prova:

Ora, nello spazio sottostante alla scritta “seconda prova”, riproduci la tua firma questa volta senza scrivere le vocali.

Seconda prova:

Cosa è successo nel passaggio dalla prima prova – “velocissima, automatica” – alla seconda prova – “compito nuovo”?

Quando propongo nelle aule di formazione questo semplice “test” sul cambiamento, le reazioni a caldo dei partecipanti, dopo la seconda prova, sono del tipo: “È difficile...”, “Ho dovuto pensarci”, “Mi sembra il codice fiscale!”, “Ma che significa...?”.

Tali commenti rivelano esattamente cosa ognuno di noi prova, in termini di “resistenze” e di “sentimenti” quando è in qualche modo costretto a passare da un compito conosciuto – al punto tale, a volte, da essere divenuto nel tempo un automatismo, come nel caso della propria firma – ad un compito totalmente nuovo come il fare la propria firma omettendo le vocali.

Cosa è accaduto a livello del “meccanismo profondo” della neurofisiologia?


 Le basi neurofisiologiche del cambiamentoLe basi neurofisiologiche del cambiamento

 

Fig. 1 − Circuiti neuronali visti prima del nuovo apprendimento (A) e dopo (B) (immagini tratte dalla Rivista Esplora del febbraio 2006)

Ogni volta che noi apprendiamo informazioni o contenuti, svolgiamo un compito o facciamo esperienze, il funzionamento del nostro cervello si modifica attraverso la creazione di nuove connessioni sinaptiche (fig. 1) – circuiti neuronali – che si consolidano nel tempo se utilizzati, oppure diventano sempre più labili nel caso in cui non vengano esercitati.

Ad esempio, se io non esercito il mio inglese, dapprima il mio sistema neuronale che ha imparato la lingua a livello scolastico comincia ad “arrugginirsi”, poi nel tempo diventa letteralmente un rottame da eliminare se continuo a parlare sempre e solo italiano.

Per questa sua esclusiva caratteristica di modificabilità, il cervello è l’unico organo del corpo a potersi definire “plastico”.

La plasticità è ai suoi massimi livelli nei primi anni di vita e poi decresce progressiva- mente fino a determinare l’invecchiamento del cervello che in certi casi è addirittura precoce.

Ecco il motivo per cui è fondamentale stimolare opportunamente sia i bambini – senza esagerare ovviamente! – sia mantenere sempre in attività il cervello nel corso della vita, con film, programmi televisivi intelligenti e/o dal sano umorismo – che sono sempre più rari purtroppo! – letture, relazioni sociali, hobby creativi, sport, viaggi e vita di comunità.

Insomma, bisogna imparare a rimanere giovani fin da giovani attraverso uno stile di vita che potremmo riassumere con: ama, lavora e sorridi fino all’ultimo giorno!

Il gioco della firma ci conduce alla prima legge del cambiamento e ad una serie di importanti riflessioni ad essa collegate.

Prima legge del cambiamento:

Ogni cambiamento comporta un apprendimento ed ogni apprendimento comporta un cambiamento.

Da questo assioma deriva il fatto che l’origine della “resistenza” al cambiamento in alcune persone, prima ancora del fattore psicologico- caratteriale, è da considerarsi di natura neurofisiologica in quanto ogni nuova connessione creata dal cervello comporta una vera e propria “fatica neuronale” con il relativo consumo di ossigeno e zuccheri.

In altri termini, ogni cambiamento ha un suo costo a livello di impiego di energia.

Tali costi vengono sostenuti tranquillamente da chi possiede risorse energetiche in abbondanza – come ad esempio i bambini oppure gli adulti particolarmente attivi e creativi.

Le persone che invece hanno perduto o non hanno sufficientemente sviluppato la necessaria elasticità mentale, divenendo nel tempo molto “strutturate” ed abitudinarie, vivono i “costi” dei cambiamenti come dei veri e propri stress generanti stanchezza, frustrazione ed in diversi casi anche forte ostilità.

Naturalmente, ogni persona “struttura” le proprie modalità di approccio ai cambiamenti non solo in base alla plasticità cerebrale ma anche e soprattutto in funzione delle esperienze di vita e dei risultati di successo o insuccesso ottenuti nel corso del tempo nell’affrontare le varie situazioni.

L’essere umano è un microcosmo così complesso e variegato che ogni riduzionismo risulterebbe non soltanto ingenuo ma anche irrispettoso nei confronti della ricchezza emotiva e psicologica di cui ogni persona è portatrice.

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