“Chi mi mandate in aula?”

Corso di formazione

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“Chi mi mandate in aula?”

Con buona probabilità, l’epoca dei tanti Formatori improvvisati e/o riciclati che saltano da una liana all’altra nella giungla della Formazione sta per concludersi, complice soprattutto la crisi economica degli ultimi anni che, darwinianamente, ha selezionato i migliori.

Le aziende questo lo sanno ed hanno iniziato a spaccare il capello in quattro mentre leggono i profili professionali dei Formatori e/o assistono ai loro interventi in aula.

Se il Formatore in aula non piace, anche per un dettaglio o una sfumatura, lo dicono subito richiedendone l’immediata sostituzione.

Mai come oggi, la panchina a bordo campo delle società di consulenza deve essere attrezzata con riserve pronte ad entrare subito nella partita del progetto formativo in corso.

Questo scenario rallegra i Formatori professionisti che vedono il mercato della Formazione assomigliare sempre di più ad un bosco e non ad una inestricabile foresta dove, almeno fino a ieri, le aziende faticavano a distinguere Tarzan da Cita.

Tuttavia, proprio a causa di questi mutamenti di scenario, i Formatori professionisti non possono cullarsi sugli allori ma sono chiamati a sviluppare e/o rafforzare risorse personali e competenze per fare un ulteriore salto di qualità, con l’asticella delle richieste posizionata ad un livello molto più alto di prima.

Iniziamo, quindi, ad aprire la cassetta degli attrezzi del bravo Formatore ed a verificare la presenza degli strumenti che servono oggi, non solo o non tanto per cavarsela in aula, quanto piuttosto per vincere la sfida relazionale più impegnativa: rassicurare il cliente che lui, a parità di compenso e caratteristiche del progetto, è il migliore di tutti.

Farsi scegliere prima alla scrivania del cliente e poi dai partecipanti in aula comporta, innanzi tutto, la capacità del Formatore di assorbire, da un lato, tutte le ansie, le lamentele e gli atteggiamenti negativi che sempre più spesso incontra senza lasciarsi turbare o destabilizzare e, dall’altro, immettere positività e rassicurazione negli ambienti dove interviene.

A monte, dunque, il Formatore professionista deve essere dotato di un elevato grado di resilienza attiva, ossia di una struttura psicologica in grado di filtrare “scorie di stress ed altre impurità” che possono arrivare dagli interlocutori che incontra sulla sua strada lavorativa, ovvero i referenti della società di consulenza incaricata di realizzare il progetto, i referenti dell’azienda-cliente che lo hanno commissionato ed infine i partecipanti in aula.

Il concetto di resilienza è oggi abbastanza noto in ambito psicologico e manageriale.

Meno conosciuta, forse, la prassi per svilupparla e rafforzarla dal punto di vista personale.

Qui di seguito, proponiamo un modello operativo rielaborato da uno schema esposto da Pier Sergio Caltabiano, Presidente nazionale AIF, durante un convegno a Roma nel
Febbraio 2011.

Il modello di sviluppo della resilienza prevede, in generale, l’applicazione nel lavoro ma anche negli altri ambiti della vita quotidiana, di sette elementi che, nel nostro caso, associamo al nuovo profilo professionale richiesto oggi ad un Formatore di alto livello:

  1. Interazione
    Un Formatore professionista ama l’interazione con le altre persone, apprende sistematicamente dagli altri, è sempre curioso rispetto a nuovi tipi umani da incontrare e conoscere. Non giudica le diversità culturali e psicologiche, né gli atteggiamenti naturali delle persone ma li accoglie con grande tranquillità e rispetto.
  2. Introspezione
    Un Formatore professionista sa guardarsi dentro e conosce molto bene i suoi punti di forza e quelli di debolezza. La capacità introspettiva lo porta ad essere intellettualmente onesto con i suoi interlocutori, chiarendo e distinguendo sempre ciò che sa fare bene da quello che non sa o non vuole fare. Questa consapevolezza di sé lo porta ad accettare tranquillamente le critiche costruttive che gli provengono dai suoi interlocutori.
  3. Indipendenza dalle emozioni
    Un Formatore professionista riesce a governare le sue emozioni e ad incanalarle verso una direzione costruttiva, preservando in ogni caso le relazioni. Argina efficacemente il fiume in piena della rabbia che può montare rispetto a certe situazioni frustranti, dissolve paure ed ansie affrontando e chiarendo direttamente le questioni, appoggia il suo stile di comunicazione ad una solida base assertiva.
  4. Iniziativa
    Un Formatore professionista dimostra un elevato grado di proattività: ricerca le informazioni di cui ha bisogno, pro
    pone idee, offre contributi, cerca lo scambio ed il confronto con tutti gli attori in gioco, per assicurare la piena riuscita del progetto.
    La sua, è un’ iniziativa misurata, non invasiva, mirata ad aggiungere valore alla sua presenza nel progetto, durante gli interventi e nella valutazione dei risultati finali.
  5. Creatività
    Un Formatore professionista applica la creatività nel suo lavoro di ogni giorno: dalla fase di ideazione di un progetto alla progettazione degli interventi e dei materiali didattici, fino alle modalità che sceglie per animare l’aula. La creatività esprime il gusto del professionista per il bello, il buono e l’utile.
    La qualità della sua prestazione si gioca sulla cura dei dettagli e delle sfumature.
  6. Umorismo
    Un Formatore professionista ha uno spiccato senso dell’umorismo inteso soprattutto come la capacità di suscitare sentimenti positivi e di benessere in se stesso e negli altri. Questa risorsa fondamentale va oltre la capacità di fare battute e raccontare aneddoti: esprime una serenità d’animo ed una concezione del mondo a cui ispirarsi come fonte di insegnamento vivente.
  7. Riferimento valoriale
    Un Formatore professionista è tanto
    più resiliente quanto più i suoi comportamenti sono guidati da un sistema di valori solidi ed inattaccabili come l’etica, l’onestà intellettuale, lo spirito del servizio, la collaborazione, la pratica di un credo spirituale.

In sintesi, la resilienza attiva aiuta a prevenire lo stress indotto dagli attuali scenari di crisi ed a relazionarsi con le persone senza lasciarsi destabilizzare più di tanto da lamentele e negatività, particolarmente aumentate negli ultimi tempi.

“Chi mi mandate in aula?”

Dal punto di vista, invece, dello stile di conduzione dell’aula, al Formatore professionista è richiesto oggi un approccio fortemente consulenziale.

Lo stile “da consulente” traduce la capacità del Formatore sia di rispondere in modo competente alle domande dei singoli partecipanti riguardo i contenuti del corso, sia di suggerire “dritte” ed indicazioni pratiche riguardo il loro lavoro.

Alla base dello stile consulenziale, c’è la capacità del Formatore di contestualizzare il suo intervento all’aula, ovvero di stabilire continui collegamenti tra i contenuti del corso e le modalità che sono richieste ai partecipanti per agire in modo efficiente ed efficace il proprio ruolo professionale, nella cornice del loro settore di riferimento.

Il Formatore professionista è un attento studioso dei mercati ed in particolare di quelli nei quali i suoi partecipanti operano.

Adottando lo stile consulenziale, il Formatore professionista diventa in aula un vero e proprio coach per i suoi partecipanti, allenandoli nelle capacità richieste dal loro lavoro attraverso continui feedback sull’efficacia di convinzioni, modi di pensare e di agire comportamenti.

Oggi, un Formatore “buonista” che collude con i partecipanti dicendo, magari nel debriefing a seguito di un role playing, “Perfetto, ok, va tutto bene, sei andato benissimo” quando invece il comportamento andava corretto, danneggia il partecipante, il cliente e se stesso.

Oltre al buonismo che rivela l’incapacità del Formatore di interpretare la sua necessaria funzione di “allenatore”, cosa altro deve evitare il professionista?

Sicuramente lo “stile narrativo” e lo “stile del lucidatore”.

Il primo è il monologo del Formatore che mescola contenuti (pochi), esperienze personali (troppe) e aneddoti (spesso banali) in un flusso comunicativo che si interrompe solo alla pausa caffè. Nella migliore delle ipotesi, i partecipanti trascorrono tutto il tempo ad ascoltare, sorridendo ogni tanto a qualche battuta.

Nella peggiore, vengono indispettiti dall’autoreferenzialità, dalla presunzione ed in qualche caso dall’arroganza del Formatore.

Mentre lo “stile narrativo simpatico” può andar bene in un convegno, in un’aula di formazione è deleterio.

Il “lucidatore” è invece quel tipo di Formatore armato fino ai denti di slide in power point, fitte di parole e/o di tabelle, che proietterà senza pietà durante tutto il suo intervento.

Una volta c’erano i fogli lucidi, che hanno fatto la fortuna economica di tante copisterie, inseriti singolarmente nelle bustine di plastica e pronti per essere adagiati sulla lavagna luminosa; oggi c’è il file proiettato dal computer ma la noia dei partecipanti è la stessa se non addirittura superiore.

Nel passato, cambiare il lucido era almeno un gesto visibile ed animato.

Oggi c’è un implacabile puntatore che impercettibilmente fa scorrere un fiume di slide sempre più piatte ed anonime.

Per drammatica esperienza diretta, il record di proiezione lo ha raggiunto un relatore che in un’ora ed un quarto ha proiettato ottanta slide.

Insomma, lo stile del lucidatore è altamente tossico e nocivo per la salute mentale dei partecipanti.

Giunti alla conclusione, qual è la risposta alla domanda: “Chi mi mandate in aula?”. “Ti mandiamo un bravo Formatore animatore, consulente e allenatore”.

Lo stile, la reputazione e l’atteggiamento del Formatore assumono un peso pari se non addirittura superiore alle competenze possedute e alle esperienze professionali maturate.

Coerenza, credibilità ed affidabilità vengono prima del saper usare le tecniche formative, perché il Formatore professionista interpreta sulla propria pelle una bella citazione dello scrittore

Stefano Benni: “ La cosa difficile nella vita è assomigliare alle parole che si dicono”.

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