Il ritorno alla semplicita' organizzativa

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Il ritorno alla semplicita' organizzativa

Il nucleo concettuale di questo manuale è quello che identifica l’eccellenza reale di un’organizzazione con la sua capacità di prevenire e/o correggere i venticinque errori più rilevanti.

Tuttavia, tale capacità è necessaria ma non più sufficiente.

Dal mio punto di vista, occorre, almeno in Italia, un cambiamento di approccio che riporti i manager e le organizzazioni a ragionare in termini di “semplicità e semplificazione diffusa a tutti i livelli”.

E’giunto infatti il momento di sostituire definitivamente le americanate linguistiche e culturali della “mission”, della “vision”, degli “stakeholder”, del “sense making” e dell’ “envisioning” con espressioni semplici che aiutino più concretamente i nostri manager e le persone di ogni giorno a riflettere su cosa bisogna fare per reggere gli urti emotivi dello scenario che stiamo vivendo e per raggiungere i risultati attesi.

Il motivo di questa necessaria sostituzione è duplice:

  1. Dopo il 15 settembre 2008 – giorno in cui la Lehman Brothers dichiarò ufficialmente la bancarotta innescando la più grave crisi economica mondiale di tutti i tempi – il modello di management americano ha perduto molta della sua credibilità.
  1. Le parole sopra evidenziate rappresentano ormai dei consumati involucri semantici sempre più distanti dai vissuti organizzativi quotidiani. Sono parole, ripetute pappagallescamente da relatori e manager in convegni e corsi di formazione, che non riescono più a nascondere la loro scarsa spendibilità nella realtà operativa.

Negli ultimi anni, questa moda di “inglesizzare” termini, concetti ed interi interventi in pubblico è sicuramente peggiorata.

Il ritorno alla semplicita' organizzativa

 

In un convegno, un manager con tono fiero e sostenuto disse: “Abbiamo fatto lo shut down di uno stabilimento!”.

Nelle persone in platea si diffusero sensazioni di compiacimento e di apprezzamento che durarono fino al momento in cui qualcuno, collegato al web con il suo telefonino, tradusse l’espressione: “Chiudere permanentemente una fabbrica”.

Per inciso, un manager è di successo non quando chiude una fabbrica mandando a casa chi ci lavora ma quando ne riconverte le capacità produttive allineandole alle richieste di nuovi mercati, anche distanti dall’assetto produttivo storico.

Lo scorretto utilizzo dell’inglese – forzato, artificiale e distorcente – sortisce l’effetto di deresponsabilizzare psicologicamente chi ne fa uso, illudendo se stesso e soprattutto chi ascolta sul fatto che la pillola può essere indorata.

“Escort”, “Stalker” e “Mobbing” sono altri esempi linguistici che tendono a mascherare la vera realtà: prostituta, molestatore e violenza psicologica sulle persone rendono sicuramente più onore al reale significato dei vissuti e al rispetto umano.

Riguardo invece il ritorno alla semplicità organizzativa, propongo di sostituire “mission” con l’ “Obiettivo principale dell’azienda”, “Vision” con “Proiezioni, percorsi o traiettorie dell’azienda nel prossimo periodo”, “Stakeholder” – la freddezza clinica di questo termine è impressionante, “portatore” viene infatti dalla immunologia – con “Persona od Organizzazione coinvolti nel successo dell’Impresa”, “Sense Making” con la capacità non tanto di dare senso al non senso – come l’espressione viene abitualmente tradotta – quanto con l’abilità di un manager di ricomporre, con azioni di rassicurazione e di facilitazione operativa, le tante schizofrenie di scenario ed organizzative che possono avere impatti devastanti sulle persone.

“Envisioning” possiamo invece tradurlo con la capacità di una Direzione del Personale di trasformarsi in una “Direzione per il Personale”, mentre “Problem solving” con la capacità di identificare i veri problemi, metterli in ordine di priorità, risolverli e, da oggi, seguendo anche lo spirito di questo manuale, soprattutto di prevenirli.

Semplice, ma non banale …

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