“Il vero significato della formula di Einstein in Italia”

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“Il vero significato della formula di Einstein in Italia”

di Stefano Greco

Articolo pubblicato su HR on line – Marzo 2012

E-mail: stefano.greco@olympos.it

Anche se soltanto una stretta minoranza di persone riesce a comprendere a pieno la formula di Einstein, E=MC², tutti noi ormai la conosciamo associata alla celebre Teoria della Relatività.

Tuttavia, tale formula ha assunto in Italia un altro significato se la interpretiamo in riferimento al mercato del lavoro dove “tutto è relativo”.

L’ “Employability” (E), ovvero la probabilità di essere assunti da un’azienda o di affermarsi come libero professionista è uguale al prodotto del Merito (M) per il Culo (C) al quadrato.

In altre parole, in Italia, il fattore “C” presenta un elevato livello di significatività per cui se qualcuno lo avesse prossimo allo zero, anche fosse un genio, avrebbe scarse probabilità di essere assunto da qualche parte o di raggiungere rilevanti traguardi professionali.

Analizziamo ora le componenti del fattore “C” in ordine di “peso decrescente”.

  1. Essere raccomandati da un politico o comunque da qualcuno influente
  2. Provenire da una famiglia benestante e disporre quindi di molti soldi
  3. Trovarsi nel posto giusto, nel momento giusto con la persona giusta
    (Evento questo molto raro perché trovare la persona giusta che sa riconoscere, apprezzare ed utilizzare un talento in senso soltanto meritocratico è come vincere un jackpot alla lotteria)
Il tramonto di un mitico assioma

 

Che il fattore “C” sia così influente nel destino degli uomini è cosa nota sin dai tempi di Plutarco che scrisse un’opera sul tema, “Il fato e la superstizione”. Anche il Principe di Machiavelli non è tale se non ha dalla sua parte una buona dose di fortuna quantificata dallo scrittore fiorentino addirittura in una auspicabile percentuale del 50% rispetto alla virtù (merito), che detiene il restante 50%.

In Italia, ai meritevoli senza fattore “C” gli viene presto il mal di merito, ovvero quello strano senso di colpa avvertito perché si è “troppo bravi”, “troppo competenti”, “troppo colti”.

Tale patologia da curriculum eccellente si acuisce quando veniamo a sapere che l’ employability di una “unskilled person” - badanti, baby sitter, autisti, addetti alle pulizie e alle mense - è tre o quattro volte superiore rispetto a quella della “skilled person”.

In Italia, ci sarebbe molto da fare sul piano della ricerca e sviluppo delle energie rinnovabili, sulla loro produzione e vendita globale, sul piano della valorizzazione delle infinite risorse culturali, ambientali e turistiche offerte dal nostro territorio, sul piano delle tante persone oneste e capaci che hanno una grande voglia di fare ma che vengono inibite da questo sistema demeritocratico, che incentiva furbi e raccomandati a discapito di tutti gli altri.

Anche la riforma del lavoro si sta attuando sul modello ormai socialmente consolidato del “gratta e vinci”: mille euro se perdi il posto, una specie di vincita ma in un contrario negativo...

Insomma, in questo mondo alla rovescia, per chi non ha santi in paradiso ma merito da vendere, il mercato del lavoro può trasformarsi in un vero e proprio inferno.

Parafrasando Groucho Marx, uno stagista, laureato e con due master, potrebbe dire a proposito di questa imperante demeritocrazia: “Grazie, ho fatto un’esperienza lavorativa veramente meravigliosa.

Ma non è questa”.

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