Dall’etichetta all’etica

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Dall’etichetta all’etica

Testi specialistici, seminari di Formazione manageriale, convegni e workshop, ci descrivono modelli di leadership che in Italia vengono applicati, nelle prassi quotidiane, solo in misura del 2 o 3% dei casi.

Almeno per il momento.

Nella stragrande maggioranza delle situazioni, le persone sono ancora etichettate come “Risorse umane”, “Manodopera”, “Massa Manovra”, “Unità”, “Forza lavoro”, “Interinali”, “Capitale umano”, “Atipici” e raramente considerate come “Persone da gestire”, ossia esseri umani portatori di valori da rispettare e di potenzialità e capacità da valorizzare.

La riflessione parte dalla questione terminologica dal momento che il linguaggio ha una doppia valenza: identificare le cose e veicolare convinzioni e modi di vedere la realtà.

Lo sviluppo di culture organizzative orientate alla reale valorizzazione e al benessere delle Persone rimane, nella migliore delle ipotesi, una buona intenzione scritta su carta.

Eppure la qualità sociale complessiva è il risultato delle qualità degli individui ma pare che diversi politici e manager non se ne preoccupino più di tanto: le motivazioni di fondo dei loro comportamenti rimangono ancora, nella maggior parte dei casi, il potere e/o il profitto fini a se stessi, tutto il resto conta poco o nulla.

A questo punto, un piccolo test di ottimismo: siamo nel guano o nel guado?

Tutto dipende naturalmente dalla consonante che scegliamo!

Mettiamola così: stiamo guadando un fiume in piena che trascina vorticosamente a valle tutto quello che incontra.

Bisogna cambiare approcci, mentalità, stili di vita e di leadership inadatti ad affrontare la discesa di questo fiume caotico e travolgente rappresentato dall’attuale scenario in cui viviamo.

Tale necessità di cambiamento suggerisce di lasciare la sponda dell’etichetta per approdare sulla riva opposta, quella dell’etica.

Un approdo dal quale la prospettiva della discesa assume tutta un’altra luce.

La differenza è decisiva, il salto è quantico ma attenzione a rimanere in equilibrio sulle pietre di guado, ossia valori e competenze.

Per l’etichetta, è sufficiente il galateo – ossia un insieme di regole codificate valide per tutti – magari per fare una bella figura a tavola o in un gran galà anche se tutto ciò è di scarso interesse per la maggior parte delle persone che non vi partecipa.

L’etica invece presuppone avere una coscienza con la quale fare i conti ogni giorno ed in particolare effettuare il “bilancio dei sorrisi delle persone” che dipendono da noi: “Quanti sorrisi ho procurato oggi ai miei Collaboratori, Cittadini, Utenti, Clienti?”.

L’approccio etico al lavoro richiede coerenza, valori, un orientamento costante alla ricerca del benessere individuale e collettivo.

Il leader sapiens prende decisioni anche sgradevoli ma ha il coraggio di prenderle perché fonda il tutto sulla trasparenza, sulla stima, sulla credibilità.

Il leader sapiens è libero nel potere perché è libero dal potere: la sua leadership a colpi di sorriso sgorga da questa libertà interiore, genuina espressione della capacità di governare se stesso e del piacere di sentirsi una persona matura.

L’umorismo stimola anche la temperanza, virtù oggi ingiustamente declassata.

La temperanza consente di ponderare efficacemente l’ambizione, facendo in modo che il naturale desiderio di autoaffermazione non degeneri in un deplorevole arrivismo.

Il monito dello zio Ben all’Uomo Ragno è il fondamento dell’atteggiamento etico:

“Ricordati Peter, un grande potere comporta una grande responsabilità”.

La citazione vale ovviamente per i potenti del mondo ma anche per i piccoli e grandi leader che ogni giorno amministrano il potere nelle organizzazioni.

“Il “buon esempio” è lo strumento più idoneo all’etica, probabilmente lo strumento che davvero funziona. In azienda il leader è colui che, più di ogni altro, è esposto ai meccanismi della rappresentazione (Vi ricordate il concetto di “Attore di se stessi” nel cap. 3? n.d.A.). Il capo viene visto da tutti ed il suo esempio s’impone su tutti gli altri. ( Come ad esempio accade anche nel rapporto genitori-figli, n.d.A.).

Le azioni del leader sono mimiche per definizione: egli diviene quello che fa, molto di più di quanto non riesca ad essere quello che dichiara.

Una delle peggiori trappole della leadership consiste proprio nella divaricazione tra la parola ed il gesto.

Dall’etichetta all’etica

Il capo che “predica bene e razzola male” difficilmente rimane capo a lungo e, in ogni caso, l’adesione dei subordinati si trasforma in adesione d’etichetta”.

Il leader sapiens costruisce la sua credibilità prima attraverso un atteggiamento etico e solo in un secondo tempo con le competenze manageriali.

La sicurezza con la quale affronta le situazioni di ogni giorno nasce proprio dalla coerenza di atteggiamenti e convinzioni personali positivi, consentendogli quindi di imprimere una carica rivoluzionaria ai suoi autentici sorrisi.

Credo che oggi siamo disperatamente a corto di modelli reali che interpretino la leadership con questo stile innovativo, appassionato, creativo.

Senza contare il fatto che esiste qualcuno che si diverte sadicamente a creare una cultura del declino e del pessimismo e ad immetterla nella società e/o nelle organizzazioni come un hacker fa con i virus su Internet.

La leadership a colpi di sorriso costituisce un potente antivirus ed anche un antispam, di questa negatività gratuita, uno stile di conduzione sicuro e brillante, capace di trascinare le persone in una visone del lavoro e della vita caratterizzate dalla ricerca della serenità e dell’autorealizzazione.

In ogni caso, occorre ancora lavorare sodo verso questa direzione.

Ad esempio, mi capita sovente di osservare l’ effetto “sgommata motivazionale” in chi, entusiasta del seminario di Formazione manageriale al quale ha appena partecipato, torna in ufficio animato dalle migliori intenzioni di applicare quanto appreso.

L’euforia dura qualche giorno poi “tutto torna come prima”.

Al massimo, il nostro amico manager potrà conservare nel tempo il piacevole seppur vago ricordo del role playing con la telecamera piuttosto che del gioco di animazione sul team building.
E’ già qualcosa, ma sicuramente non basta.

Lo sviluppo della leadership è il risultato di sforzi intenzionali mirati, orientati al miglioramento continuo di se stessi, dei collaboratori e dei processi organizzativi.

Chiunque ricopra un ruolo gestionale è tenuto a monitorare la propria azione attraverso capacità autovalutative e autocorrettive

Diversi responsabili “dimenticano” che una quota significativa della retribuzione, gli è corrisposta per la loro funzione di Gestori di Persone e non per l’esecuzione di lavoro operativo.

Il sorriso autentico, segnale inequivocabile di un sano umorismo e di uno stile di vita improntato al valore della gioia condivisa, può essere dunque il martello con il quale abbattere muri di atteggiamenti pesanti e tracotanti oppure il punteruolo con il quale disincrostare lo spirito dalla salsedine della mosceria e dell’inerzia.

Ci troveremmo a vivere realmente in un mondo migliore se tutti interiorizzassimo questa riflessione di Roberto Gervaso:

“I valori non sono acqua né chiacchiere. I valori sono i più nobili ancoraggi della nostra esistenza, la sua luce sul sentiero.

La grandezza di un uomo si misura non sulla potenza politica, economica, sociale.

Né sulla popolarità e sul seguito che riscuote fra la gente. No, la grandezza di un uomo si misura, o, almeno io, la misuro sul coraggio, sulla coerenza, sull’altruismo, sulla lealtà, sulla sfida alle convenzioni e agli accomodamenti tattici. (…)

Chi non aspira al sacro e al bello, ma pensa solo al proprio benessere e al dominio sugli altri, si nega ad ogni trascendenza, immeschinendo il proprio spirito ed intossicando la propria anima.

La vita senza un codice etico, senza un decalogo morale non è vita, ma ansiosa o accidiosa sopravvivenza, ricerca di quello che non si troverà mai perché l’ultima e la sola verità, è dentro di noi”.

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