Tecniche per sviluppare l’umorismo

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Tecniche per sviluppare l’umorismo

“Per conoscere un uomo bisogna studiare non il suo silenzio né il suo modo di parlare o di piangere ma il suo riso” Fedor Dostoevskij

Ognuno di noi possiede, in modalità e quantità diverse, un suo peculiare umorismo, un modo tipico di dire o non dire le cose, di raccontare storie, di “utilizzare” la propria mimica facciale, gestuale e posturale nelle diverse interazioni sociali.

L’umorismo è un’energia che ci appartiene ma che spesso tendiamo a sacrificarla sull’altare della “Serietà manageriale”.

Abbiamo avuto modo di approfondire invece che, quanta più permeabilità esiste tra i mondi dell’umorismo e del management, tanto più lo stile di leadership ne trae beneficio in termini di efficacia ed innovazione.

L’umorismo, tuttavia, è una risorsa da maneggiare con cura ed il cui utilizzo può facilmente trasformarsi in un boomerang se non opportunamente gestito: permeabilità non significa quindi allagamento!

Come saggiamente Paracelso ci ricorda: “In natura tutto è veleno, dipende dalle dosi”.

L’affermazione del medico alchimista e filosofo del Rinascimento calza a pennello in tutte le occasioni in cui si abusa dell’umorismo attraverso battute fuori luogo o che non fanno ridere, oppure quando tende a riempire in modo superfluo un vuoto di contenuti e/o di spessore professionale.

Riflettiamo sul seguente caso aziendale.

Mi è capitato, di recente, di domandare ad una amica Operatrice Customer Service di una grande azienda di telefonia mobile, come avesse trovato il corso di Formazione al quale aveva partecipato la settimana prima.

Riporto testualmente la sua risposta:

“Il formatore ci ha fatto tanto ridere, parlava molto per metafore.

Ci ha raccontato le sue esperienze di quando era Responsabile Marketing della…(Azienda italiana nel settore food, n.d.A.).

Non ho capito sinceramente perché la giornata è stata fatta…forse per il marketing con il Cliente, non lo so”.

E’ la tipica situazione in cui un cosiddetto “post manager”, riciclato nella Formazione, scambia l’aula per un cabaret autobiografico nel quale intrattenere, per una giornata intera , un gruppo di Operatori telefonici.

Risultati?

Tecniche per sviluppare l’umorismo
  1. Un aumento di endorfine nei partecipanti ma anche di confusione sugli obiettivi:
    “Mi sono divertito, ma a che mi serve?”
  2. Scarso valore aggiunto per l’azienda:
    “Quali sono stati i criteri di scelta del Formatore?”
  3. Penalizzazione dell’immagine della Formazione:
    “Formazione = Vi racconto umoristicamente le mie esperienze professionali”

Costruire un ambiente sereno non significa quindi generare un clima ridanciano con effetto “Circo Barnum” sull’operatività e sui servizi da espletare.

Come evidenzia Ivan Scalfarotto:

“In azienda si può essere serissimi, rigorosi, competenti, professionali, precisi, puntuali, affidabili e concreti pur riservandosi, il diritto di sorridere – e anche di ridere – almeno tre volte al giorno”.

Avere il senso dell’umorismo significa padroneggiare una vera e propria “forma d’arte”, riuscendo ad incanalare l’energia sprigionata dal buon umore verso una direzione costruttiva.

Analogamente alle altre risorse dell’intelligenza emotiva – come ad esempio l’ascolto, l’empatia, la resilienza, la socializzazione – anche l’umorismo può essere sviluppato attraverso l’esercizio sistematico e l’utilizzo di tecniche appropriate.

Per “tecnica”si intende, nel linguaggio della formazione e dello sviluppo delle competenze, un’ azione consapevole ed intenzionale attraverso cui indirizzare delle modalità di tipo psicologico, comunicativo e/o gestionale – verso uno determinato obiettivo.

Ragionare, ad esempio, di “ tecniche di vendita” significa comprendere che, per gestire le obiezioni di un Cliente in modo efficace, è necessario che il Venditore padroneggi una serie di “modalità comunicative” specifiche da integrare ed utilizzare con flessibilità in funzione del personale stile di vendita e soprattutto dell’interlocutore che ha di fronte.

Il principio dell’applicazione di “tecniche” riguarda in generale lo sviluppo di competenze manageriali, commerciali e comunicative, di cui l’umorismo non fa eccezione.

Naturalmente non esiste una “tecnica” valida in assoluto. La scelta e l’ utilizzo di una determinata modalità devono essere sistematicamente valutati a priori rispetto al valore aggiunto atteso.

Nell’umorismo questo significa saper cosa comunicare e come rispetto a chi ho di fronte e agli obiettivi relazionali del momento.

Ad esempio, non è raro incontrare, nella storia della filosofia, pensatori che abbiano fatto ricorso all'umorismo per spiegare le loro teorie o chiarire la loro posizione su un determinato argomento.

Basti pensare a Socrate, maestro indiscusso d'ironia, che una volta, a chi si meravigliava del suo atteggiamento paziente verso un tale che lo aveva preso a calci, rispose: «Se mi avesse preso a calci un asino, l'avrei forse condotto in giudizio?».

Anche Aristotele era dotato di un fine senso dell'umorismo.

A chi gli chiedeva quale vantaggio avessero i mentitori, rispose: «Quello di non essere creduti, quando dicono la verità».

Quanto a Cartesio, inizia il suo Discorso sul metodo con un'affermazione alquanto spiritosa: «Il buon senso è la cosa nel mondo meglio ripartita: ciascuno, infatti, pensa di esserne ben provvisto».

Insomma, la prima “Tecnica” da prendere in considerazione, per sviluppare l’umorismo, è conoscersi come persona e ri-conoscere il proprio modo di essere e comunicare.

Per un manager questo significa capire prima di tutto se conduce la vita sotto l’effetto “dr.Leader e Mr. Hide”, ovvero:

  • Comportarsi a casa in modo passivo e sul lavoro aggressivo o a casa aggressivo e sul lavoro passivo
  • Manifestare di frequente incongruenze tra il dire ed il fare
  • Proclamarsi “esperto di gestione risorse umane” per poi lamentarsi pesantemente con la collaboratrice che annuncia una gravidanza

Il motto delfico “Conosci te stesso” rappresenta dunque il principio guida anche per chi vuole sviluppare un sano umorismo: del resto, soltanto chi si conosce in profondità riesce a ridere di se stesso, dimostrando una buona confidenza con i propri punti forti e deboli.

Ma c’è di più: siccome essere capaci di umorismo significa anche accettare e condividere l’aspetto irrazionale insito nel reale, almeno per una volta può essere opportuno lasciare che le nostre contraddizioni interne generino le loro incongruenze, caratterizzandoci come dei “personaggi” unici e soprattutto umani.

“Semel in anno licet insanire”, ci ricordano i latini. La ricerca della coerenza assoluta in noi stessi e negli eventi della vita ingessa la mente facendoci imboccare un vicolo cieco.

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