I filtri soggettivi

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I filtri soggettivi

«Le persone vedono solo ciò che sono preparate a vedere». Ralph Waldo Emerson

Nelle organizzazioni le persone vengono etichettate molto velocemente: “serio”, “bravo”, “superficiale”, “affidabile”, “poco socievole”… Diventa difficile uscire dallo stereotipo che gli altri ci hanno cucito addosso, anche perché noi stessi subiamo una spinta sociale a credere agli stereotipi che gli altri ci impongono e a comportarci di conseguenza, utilizzando così solo una parte delle nostre risorse.

E così il “burlone” faticherà ad essere preso sul serio, il “creativo brillante” a far capire di essere anche organizzato, il “bastian contrario” a comunicare le sue critiche senza che gli altri pensino che sono solo il frutto di un partito preso…

Lo Stra-Manager è interessato invece a trovare le differenze fra le persone per capire quali sono le risorse presenti e potenziali che possono essere messe in campo per aggiungere più valore al lavoro e renderlo più interessante e motivante.

Un errore tipico dei capi può essere quello di pensare che funzioniamo tutti allo stesso modo:

  • “se uno è interessato al lavoro, fa molte domande…” (ma è quello che faceva il capo quando era un giovane collaboratore).
  • “io non aspettavo che mi insegnassero come fare… guardavo, osservavo, rubavo il mestiere ogni volta che potevo. Se uno aspetta che gli si dica tutto, vuol dire che non è molto motivato…” (come sopra).

Gli studi sulla psicofisiologia ci dicono che le persone sono differenti già a livello percettivo: alcuni hanno una qualità di attenzione che reagisce prevalentemente alle immagini, altri ai suoni, parole, concetti, altri alle sensazioni.

I filtri soggettivi

 

Può capitare che quando spieghi la stessa cosa allo stesso modo a collaboratori diversi, tu abbia differenti reazioni.

Per esempio qualcuno dimostra di aver chiaro quello che hai spiegato solo quando riesce a farsene una completa immagine mentale; un altro fa tante domande, chiede in che modo questo differisce da quello, ha bisogno di comprendere a livello concettuale; il terzo invece ha bisogno di mettersi a provare e a fare, e più continui a parlare a e spiegare, più dà segnali di tensione o distrazione.

Il processo di apprendimento è dunque differente per persone che usano in prevalenza il canale percettivo:

  • visivo;
  • auditivo;
  • cinestesico.

Se vuoi aumentare la tua efficacia comunicativa nei momenti di apprendimento/addestramento allenati a flessibilizzare il tuo stile comunicativo, per esempio utilizzando schemi e immagini, domande e risposte, prove ed esercizi per essere sicuro di coinvolgere tutti.

Fai attenzione ai feed back che ricevi:

  • se l’altro non dà segnali di comprensione dopo che gli hai spiegato come fare qualcosa, fagli fare quella cosa…
  • Se continua a mostrarsi dubbioso, mostragli uno schema, un’immagine significativa, riportagli un esempio che gli “faccia vedere” come funziona quello che gli stai dicendo…

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