comportamento genera comportamento

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Comportamento genera comportamento

“Ho scoperto che la migliore innovazione spesso è l’impresa stessa, il modo in cui la organizzi.” Steve Jobs

L’organizzazione può essere vista come una rete di promesse reciproche fra l’azienda e i suoi dipendenti.

All’interno di questa rete - costituita da atti di comunicazione - lo Stra-Manager è il riferimento principale per i suoi collaboratori e svolge un ruolo centrale di intermediazione, trasmissione, negoziazione fra vertice e base.

L’obiettivo dello Stra-Manager è creare un ambiente in cui le persone possano sentirsi coinvolte e possano impiegare le loro migliori energie, con la testa e con il cuore, nel lavoro che sono chiamati a svolgere.

Gli scambi comunicativi sono il principale strumento con cui lo Stra-Manager crea un ambiente di questo tipo.

Tramite la comunicazione efficace lo Stra-Manager guida le persone a utilizzare al meglio le loro risorse individuali e di gruppo, soddisfacendo le aspettative aziendali.

La comunicazione che “guida” le persone verso un obiettivo è una comunicazione di tipo “persuasivo”.

Questo tipo di comunicazione si attua nei discorsi, nei gesti, nelle parole, nell’esempio.

Uno degli assiomi base della comunicazione è il seguente:

il comportamento genera comportamento!

Si tratta di uno dei modi più semplici ed eleganti per influenzare in senso positivo le persone.

Comportamento genera comportamento vuol dire semplicemente che noi possiamo condurre un’altra persona a comportarsi in un modo desiderabile cominciando noi stessi a comportarci verso di lei allo stesso modo.

Alcuni esempi:

  • Se vogliamo che l’altra persona ci ascolti, cominciamo ad ascoltarla;
  • se vogliamo creare un clima di fiducia, cominciamo a dare fiducia;
  • se desideriamo creare un clima di passione e interesse, cominciamo a comunicare la nostra passione e interesse.

Quando impostiamo il nostro gioco, decidiamo quali “parti” o risorse vogliamo che le persone comincino a utilizzare.

Se vogliamo che gli interlocutori si comportino da adulti responsabili, cominciamo decisamente a trattarli come adulti e responsabili.

Se pensiamo che ogni persona ha delle risorse creative e può sviluppare interesse e piacere nell’apprendere nuove competenze, cominciamo a mostrare che siamo certi che potrà impegnarsi e provare interesse…

La cosa funziona – purtroppo – anche al contrario: generalmente le persone riescono a trasmettere in maniera molto efficace dubbi, paure, insicurezze, sfiducia (si comincia molto presto in famiglia e si continua molto spesso a scuola).

Nei “fatti” umani la realtà oggettiva non esiste; gli esseri umani hanno dentro di sé potenzialità positive e negative, di successo e di insuccesso. Le reti di influenza reciproche in cui sono presi finiscono per determinare quali di queste possibilità andranno a realizzarsi.

Henry Ford diceva: “che pensiate di farcela o di non farcela avrete ragione!”.

Lo Stra-Manager non mette alla prova il collaboratore per vedere SE è responsabile o degno di fiducia; lo tratta come se già lo è, e in questo modo lo spinge ad esserlo senza usare giri di parole o discorsi esortativi (che suscitano immancabilmente la reazione opposta).

Lo Stra-Manager decide che gioco vuole giocare (promesse e impegni reciproci fra persone adulte e responsabili) e poi comincia a comportarsi e comunicare di conseguenza. La fase iniziale con un nuovo collaboratore è così importante proprio perché serve a chiarire le modalità di comportamento e collaborazione che vogliamo siano seguite all’interno del nostro team.

A volte incontriamo responsabili che, non fidandosi dei collaboratori, continuano a metterli alla prova, a trattarli come se non fossero completamente adulti e autonomi, e continuano a ottenere conferme di questo!

Quando proponiamo di agire “come se” la situazione fosse già quella desiderata (collaboratore coinvolto e motivato), i cambiamenti in meglio sono immediati.

Il comportamento genera comportamento

Ecco la trascrizione di un incontro di coaching in un caso di questo tipo. Mario Rossi è il nostro cliente (coachee).

IL CASO – Il collaboratore indesiderato

Mario Rossi: “coach, vorrei confrontarmi con te su una nuova situazione che potrebbe portare qualche problema. Sono già a corto di personale, e ora la Direzione ha deciso di spostare nel mio team una persona che ha chiara fama di essere uno “scansafatiche” e di non andare d’accordo con i colleghi. Penso che lo stiano spostando qui da me per girarmi la patata bollente, invece di aiutarmi…”

Coach Olympos: “ok, come fai a sapere che è uno scansafatiche?” (domanda di specificazione)

MR: “voci che mi sono arrivate dai colleghi, più di uno…”

CO: “quali altre informazioni hai?”

MR: “ha più o meno la mia età, sui trent’anni, titolo di studio: diploma… in effetti potrebbe essere una buona risorsa se fosse disponibile a darmi una mano e a crescere…”.

CO: “Potrebbe essere. Mi hai detto che arriva fra una settimana. Come stai pensando di accoglierlo e come vorresti organizzare il suo inserimento?”

MR: “mmm… non ci ho ancora pensato e volevo appunto parlarne con te. Prima di tutto vorrei capire se le voci che ho sentito corrispondono a verità. Vorrei fare un colloquio con lui… metterlo sotto pressione… la prima settimana lo metterei alla prova in una situazione difficile per vedere come reagisce…”

CO: “Aspetta, aspetta… vediamo come possiamo semplificare le cose. Il tuo obiettivo in questo momento è verificare se è uno scansafatiche oppure?... mi avevi detto che una risorsa in più ti farebbe comodo…” (spostamento del focus dal problema alla soluzione: comportamento/stato desiderato).

MR: “Bè, sì…”

CO: “quindi cos’è importante per te in questo momento? Quale obiettivo vuoi fissare? Per quale obiettivo ti piacerebbe lavorare?”

MR: “in questo momento ho bisogno di nuove risorse perché c’è tanto da fare. Mi piacerebbe che questa persona fosse utile, in modo da alleggerire i carichi di lavoro per il resto della squadra”. (l’obiettivo cambia da “verificare se è la persona giusta” a “mettere il collaboratore nelle condizioni migliori per rendersi utile…”)

CO: “Ok, quindi che obiettivo vuoi darti?”

MR: “Bè, fare in modo che questa persona possa inserirsi al meglio nel gruppo…”

CO: “cosa intendi per “meglio”?”

MR: “Che possa cominciare a svolgere attività utili nel giro di una settimana-10 giorni e che sia accolto in maniera positiva dai colleghi”.

CO: “bene, mi confermi che questo obiettivo rispecchia al meglio le tue necessità? Ok. Ora ti chiedo di provare a vedere la cosa dal punto di vista di questa persona che sta arrivando… Pensa come può pensare lui… Che cosa ti servirebbe per poterti rendere utile in tempi brevi e poter integrarti con i colleghi?” (usando il “tu” si favorisce l’identificazione con l’altra persona e si chiede al coachee di rispondere come se fosse l’altra persona).

MR: “mmm… dunque… avrei bisogno di indicazioni chiare, capire come funziona il lavoro qui, chi sono i colleghi…”.

CO: “cos’altro?”

MR: “mi piacerebbe essere accolto bene, e capire a chi posso rivolgermi in caso di difficoltà”.

CO: “Ok, fermiamoci qui… naturalmente queste sono solo ipotesi, ma anche il fatto che sia uno “scansafatiche” è solo un’ipotesi e non ci dice tutto di questa persona. Ma partendo dal presupposto che questa persona sia soltanto uno “scansafatiche” e nulla più avremmo un problema insolubile… Sospendendo il giudizio abbiamo invece qualcosa su cui lavorare: facendo “come se” questa persona possa rendersi utile, aumentiamo notevolmente le probabilità che questo accada. Dunque, vediamo, come pensi di organizzarti a questo punto per raggiungere il tuo obiettivo?”

MR: “Mi vengono in mente alcune possibilità… Intanto mi prenderei il tempo giusto per un colloquio, anche un’ora, per fare la sua conoscenza, presentarmi, cominciare a spiegargli come funziona il lavoro qui, quali sono i ruoli e i colleghi con cui avrà a che fare…”

CO: “Mi sembra un ottimo modo di impostare le cose. Come imposteresti il colloquio? che cosa ti piacerebbe sapere da lui? che domande gli faresti?”

MR: “potrei chiedergli qualcosa dei suoi studi, delle sue precedenti esperienze di lavoro, capire quali sono le sue competenze e interessi…”

CO: “Bene. Quali azioni vuoi portare avanti dopo il colloquio per raggiungere gli obiettivi che ti sei fissato?”

MR: “a questo punto lo accompagnerei in un primo giro per i vari settori e lo presenterei ai colleghi con cui avrà a che fare. Intanto continuerei a spiegargli come funzionano le cose. Sto pensando che per la prima settimana potrei affiancarlo ogni giorno a un collega in un settore diverso, dando istruzioni a ognuno di spiegare il lavoro svolto. Dopo una settimana potremmo rivederci in un colloquio per fare il punto della situazione…”.

CO: “Ok, ok… come ti senti ora rispetto alla questione da cui eravamo partiti?”

MR: “bé… adesso so dove voglio arrivare e ho più chiaro cosa voglio fare, quali azioni impostare e portare avanti…”

CO: “quali sensazioni provi a questo riguardo?”

MR: “mi sento più sicuro, tranquillo… fiducioso!”

CO: “e se fosse un irrecuperabile scansafatiche?”

MR: “Vedremo… ma so che avrò fatto di tutto per metterlo nelle condizioni di dare il meglio”.

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