Il linguaggio specifico

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Il linguaggio specifico

«La via d’imparare è lunga se si va per regole, breve ed efficace se si procede per esempi». Seneca

Le nominalizzazioni sono delle forme linguistiche generalizzanti che creano ambiguità, possono essere intese in senso negativo, diventando causa di conflitto fra capo e collaboratore. Dalla nostra esperienza sappiamo che:

se un messaggio è ambiguo, verrà interpretato nel 99,9% dei casi in senso negativo dai vostri collaboratori.

Nel feed back le nominalizzazioni (es. “dovresti migliorare nella collaborazione con i colleghi…”) sono vissute come giudizi che in genere vengono respinti dal collaboratore con sentimenti di rabbia o delusione. Meglio sarebbe stato se il capo avesse detto:

“voglio che tu passi le informazioni sulle vendite in tempo utile al collega che deve stendere il report di fine mese…”.

Se si usa un linguaggio non specifico, anche quando il collaboratore accetta la “critica” (“è vero, non riesco a collaborare come dovrei…”), non è detto che il risultato sia quello atteso.

Quando il feed back/giudizio viene accettato senza una reale comprensione di che cosa abbia voluto dire specificamente il capo, chi lo riceve semplicemente va a confermare un pre-giudizio negativo su di sé (“è vero, sono sempre stato poco capace di confrontarmi con gli altri, è un mio punto debole…”).

Questo può portare a un abbassamento dell’autostima e della fiducia personale, deprimendo la motivazione e la capacità creativa e cognitiva della persona. Il collaboratore potrebbero essere spinto a rientrare nella sua zona di comfort e a fare quello che gli viene meglio, cioè quello che ha sempre fatto.

Un feed back non specifico finisce per avere l’effetto opposto all’intenzione: invece di promuovere il cambiamento, il collaboratore si “rifugia” nella ripetizione dei comportamenti abituali.
Vediamo un esempio pratico.

Se dico a un collaboratore “dovresti mostrare più sicurezza quando parli in pubblico…”, posso ottenere due tipi di risultato:

  • il collaboratore ritiene questo un giudizio infondato, lo respinge, e continua a fare invariabilmente quello che ha sempre fatto, ma con un grado di tensione superiore (“il capo ce l’ha con me…”);
  • oppure: il collaboratore è consapevole di apparire insicuro quando parla in pubblico. Il consiglio del capo è una conferma di quanto sia evidente… ma questo crea ulteriore ansia, l’insicurezza cresce e diventa ancora più evidente… il capo avrà la conferma che il collaboratore non è “capace” di parlare in pubblico… il collaboratore continua a non sapere cosa fare di diverso per apparire più sicuro. Toglierà i comportamenti dove è più in ansia (rivolgersi al pubblico, gestire le domande) e conserverà quelli in cui riesce meglio (concentrarsi sulle slides).

Mostrare più sicurezza è una nominalizzazione che, se lasciata così indeterminata, ognuno può riempire secondo la sua esperienza e dal proprio il punto di vista.

Per aiutare concretamente il vostro collaboratore fate uso del linguaggio specifico.

La domanda qui è: “Che cosa ho osservato che mi fa pensare che non mostra abbastanza sicurezza?”, oppure, ancora meglio, andate direttamente alla soluzione: “Che cosa potrebbe fare per mostrare maggiore sicurezza?”


Alcuni esempi di risposte possibili sono:

  • accogliere domande facendo parlare l’interlocutore, comprendere le obiezioni, dare risposte precise;
  • guardare direttamente gli interlocutori invece che parlare guardando le slides;
  • rispecchiare alternativamente ognuno degli interlocutori utilizzando l’atteggiamento del corpo e la postura;
  • parlare senza oscillare continuamente con il corpo, tenere i due piedi ben piantati sul pavimento, fare gesti simmetrici al ritmo del discorso;
  • evitare di tenere le mani congiunte sulle parti basse (effetto “foglia di fico”);
  • curare l’apertura e la chiusura del discorso, non solo i contenuti centrali;
  • usare un tono di voce più alto, fermo e sicuro:
  • imparare a dirigere la voce a distanze diverse (2, 3, 4, 6 metri);
  • alzare e abbassare tono e ritmo di voce per dare maggiore risalto ai concetti importanti;
  • ecc.
    Con il linguaggio specifico potrai aiutare concretamente il tuo collaboratore a comprendere che cosa può migliorare e come può farlo. Il messaggio fondamentale che darai usando il linguaggio specifico è: “non sei tu il problema, ma l’azione che stai compiendo e che puoi imparare a svolgere diversamente…”.

Il linguaggio specifico è lo strumento principale per dare feed back, per analizzare problemi e difficoltà, definire gli obiettivi e gestire in maniera efficace i processi di delega e valutazione.

Esercizio: Il linguaggio specifico nelle situazioni potenzialmente conflittuali

A colloquio col capo

ISTRUZIONI:

  • leggi il dialogo seguente e individua in quali punti non è efficace e per quale motivo (fai attenzione in particolare alle nominalizzazioni che possono risultare ambigue e generare conflittualità).
  • Riscrivi il dialogo immaginando le varianti che potrebbero adottare sia lo Stra-Manager che il collaboratore.

PREMESSA

Marco è un giovane addetto alla manutenzione degli impianti presso una grande azienda.

Il suo lavoro si svolge spesso in trasferta presso Clienti. Da una parte apprezza questa modalità di lavoro perché ama spostarsi e viaggiare, dall’altra la patisce perché questa situazione lo tiene lontano da famiglia, amici e fidanzata.

A volte succede che stia fuori casa anche un’intera settimana. Ha dei buoni rapporti con i colleghi e con il capo che stima e con il quale è piuttosto in confidenza.

Recentemente però è insoddisfatto perché gli sembra che il capo “ce l’abbia con lui”…

Decide di parlare con il capo.

Marco: (bussa) ciao, scusa posso… volevo parlarti… hai tempo? altrimenti se non puoi fammi sapere in giornata quando posso venire…

Capo: no no vieni pure siediti, dimmi…

Marco: ecco, volevo dirti che mi sembra che ultimamente tu ce l’abbia con me, è così?

Capo: beh, a volte hai dei comportamenti che non sono proprio, diciamo, adeguati…

Marco: si lo so che a volte mi faccio prendere dal nervoso e dico le cose in maniera sbagliata… però non so non riesco a trattenermi…

Capo: si, dovresti pensare un po’ di più alle cose che dici.

Marco: (interrompe) lo so però lo sai sono fatto così, quello che devo dire lo dico e basta

Capo: dovresti pensarci due volte, perché spesso dici cose giuste ma in maniera sbagliata

Marco: ci sono però delle situazioni che proprio non mi piacciono. Per esempio settimana scorsa mi hai fatto quel rimprovero via mail…e poi lo hai fatto solo a me. Ogni volta che c’è da sottolineare ciò che non va lo fai sempre con me…

Capo: il fatto che lo abbia fatto solo a te è dovuto al fatto che l’errore lo avevi commesso tu

Marco: si però potevi dirmelo, anziché mandarmi una mail come se volessi tenere le distanze

Capo: ho ritenuto fosse giusto fare così… comunque non ho preferenze e se ti ho fatto notare quella cosa è perché era il caso di farlo. Volevi dirmi altro?

marco: no va bene così grazie (SI SALUTANO)

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Il linguaggio specifico

 

Hai individuato le nominalizzazioni che creano difficoltà?
(es. “ce l’hai con me”… “comportamenti non adeguati…”).

Le alternative sono costituite da fatti e osservazioni concrete riferite con linguaggio specifico oppure domande di specificazione.
Per esempio lo Stra-Manager potrebbe rispondere “Che cosa ti fa dire che ce l’ho con te?”, “Che cosa è successo che ti fa pensare che…?”

Ti proponiamo ora un altro esercizio per allenarti a individuare forme di linguaggio specifico e non.
Ricorda: una frase è specifica quando descrive concretamente che cosa avviene.

Esercizio
Leggi le seguenti frasi e indica quelle che rappresentano delle azioni con un linguaggio specifico e quali invece richiedono un supplemento di indagine

1. Giovanni non si cura della soddisfazione del Cliente.

2. Clara ha detto “Non mi piace il modo in cui l’Amministrazione ha gestito questo problema”.

3. Marco ha incontrato il Cliente sei volte in tre mesi, ma non ha ancora concluso la vendita.

4. Silvio ha paura di chiudere la trattativa.

5. Giulio è motivato nel fare le telefonate.

6. Luca non ha il senso del gioco di squadra

7. Gianni non ha scritto i report di attività per due settimane di seguito

8. Francesco non si cura di rispondere alle richieste del back office

9. Marina è intimidita dalle obiezioni dei Clienti

10. Giacomo veste sempre in modo informale quando è in ufficio

11. Silvio ha una grande capacità di convincere il Cliente

SOLUZIONE

Affermazione 1: non specifica.

Come faccio a dire che non si cura della soddisfazione del Cliente? Che cosa Giovanni fa/non fa specificamente per dire che non si sta curando della soddisfazione del cliente?

Ci sono diversi modi in cui una persona può “non prendersi cura” del cliente (es. non richiama quando promesso, non spiega come utilizzare il prodotto/servizio, non dà assistenza sulla fatturazione, ecc.).

Affermazione 2: specifica. “Clara ha detto: <<X>>” è un fatto preciso e specifico (anche se quello che ha detto Clara è un contenuto non specifico).

Affermazione 3: specifica. Sono tutti fatti precisi, quantificati e specifici.

Affermazione 4: non specifica. Come faccio a dire che ha paura? cosa ho osservato per dire che ha paura?

Affermazione 5: non specifica (come all’affermazione 4).

Affermazione 6: non specifica (come all’affermazione 4).

Affermazione 7: specifica. Gianni non fa un’azione specifica da due settimane (tempo preciso). Anche se in negativo, qui viene utilizzato il linguaggio specifico.

Affermazione 8: specifica, anche se il “non si cura” può essere fuorviante. Il senso di questa frase è: Francesco non risponde alle richieste… (non-azione specifica).

Affermazione 9: non specifica (come all’affermazione 4).

Affermazione 10: non specifica, anche se potrebbe sembrare il contrario. Ci sono modi diversi di vestire informale a seconda degli ambienti e delle situazioni (è venuto al lavoro con gli infradito o oggi non ha messo la cravatta?).

Affermazione 11: non specifica. Il termine “capacità” è una nominalizzazione. Quali azioni/comportamenti concreti mi fanno capire che sa convincere il Cliente?

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