Le idee, occhi di una mente lungimirante

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Le idee, occhi di una mente lungimirante

Secondo Platone, l’idea è “ciò per cui noi conosciamo”, il fondamento della nostra conoscenza, una vera e propria “vista della mente” – non è un caso se il termine idea deriva dalla radice greca “id” del verbo vedere.

Meno platonicamente è più pragmaticamente, Mark Twain è convinto che “Se io ho un dollaro e tu hai un dollaro e ce li scambiamo, non succede nulla; se io ho un’idea e tu hai un’ idea, succede che ognuno di noi ha un’idea in più”.

Sempre nel filone del pragmatismo, Thomas Alva Edison ci ricorda che “Il valore di un’ idea sta nel metterla in pratica”.

Insomma, platonici o pragmatici che siate, ecco a voi la “Carica delle 101 idee” da poter mettere in pratica nell’organizzazione in cui lavorate.

Potete scegliere, naturalmente, quella o quelle che ritenete maggiormente adatte o più fattibili nella vostra realtà organizzativa.

Idee tra loro molto diverse, alcune sono relativamente facili da realizzare, altre richiedono un certo livello di impegno organizzativo.

Tuttavia, pur nella loro diversità, un elemento fondamentale l’accomuna: l’attenzione verso le persone dimostrata dall’organizzazione con i fatti, con iniziative concrete e venate di un sano umorismo.

Ognuna di queste idee rappresenta in qualche modo un investimento sul benessere delle persone, sulla qualità del clima psicologico all’interno dell’organizzazione o addirittura sulla serenità del loro contesto familiare.

Le idee sono gli occhi di una mente che guarda lontano Stefano Greco

Ogni idea vuole costituire uno stimolo ed un invito, per tutti i responsabili che decideranno in merito alla loro attuazione, a traghettare la cultura del lavoro in generale e della propria organizzazione in particolare, verso sponde di gioia e di divertimento, ricreando veri e propri spazi mentali dove ognuno possa ri-generarsi insieme con i propri colleghi, capi, familiari ed eventuali altri stakeholders dell’organizzazione.

E’ giunto il momento di abbandonare definitivamente culture manageriali improntate alla seriosità, alla pesantezza, ad una burocratica routine, alla mistica della sofferenza o della precarietà.

Mi rivolgo soprattutto a voi politici e manager che influenzate la qualità della vita delle persone: è preferibile uno spot pubblicitario in meno ed un’idea a favore delle persone che lavorano per voi in più; è preferibile un auto blu in meno ed un’azione di valorizzazione del servizio pubblico in più. Quando si tratta di trasformare le “risorse umane” in persone, dipendenti o cittadini, siate lungimiranti ed evitate soprattutto la tirchieria.

Freudianamente parlando, possiamo intendere la tirchieria come una stitichezza mentale ed affettiva di cui spesso, chi ne è affetto, non ne è consapevole o, peggio ancora, si compiace di questo suo tratto caratteriale.

L’Avaro di Moliére è, in questo senso, un personaggio emblematico.

Tuttavia, come in campo giuridico la legge non ammette ignoranza, così in campo psicologico l’essere o rimanere volutamente inconsapevoli di tratti negativi del proprio carattere non ammette né giustificazioni per il proprio comportamento né alibi per non cambiare.

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