Il tempo e la sua storia

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Il tempo e la sua storia

Ora che neppure un fiore cade dal ramo, fermati tempo! Haiku giapponese

Il tempo, materia prima della storia, ha esso stesso una sua storia: il concetto è legato a quello di sviluppo, di movimento, ed è quindi destinato a seguire l’evoluzione delle scienze fisiche.

Ora ripercorreremo la sua traiettoria viaggiando dall’antichità ad oggi, tenuto conto del fatto che la natura del tempo è tuttora oggetto di studi, ricerche e di accesi dibattiti.

Il pensiero degli antichi oscillava tra due concezioni antitetiche: una ciclica, quella dell’avvicendarsi dei giorni e delle stagioni, l’altra lineare e unidirezionale, il concetto eracliteo del “tutto scorre”.

Due “tempi” per due “regni” ben distinti: i Cieli, ciclicamente immutabili e la Terra, continuamente mutevole.

Tale configurazione fa parte del cosiddetto sistema aristotelico-tolemaico di cui Dante, attraverso la cosmogonia descritta nella Divina Commedia, ne è l’interprete più famoso.

Per migliaia e migliaia di anni nelle società agricole i ritmi della vita degli uomini hanno rispecchiato quelli delle stagioni: esisteva una sta- gione del riposo, in gran parte dedicata ai riti, ed una dedicata al lavoro nei campi ed alla raccolta.

Nell’antichità, anche le guerre e la navigazione erano stagionali: dal tramonto delle Pleiadi – fine novembre – al- le Idi di marzo – metà del mese – erano sospese tutte le attività ad esse legate.

Entrare in rapporto con il tempo significava entrare in rapporto con il mondo e la fenomenologia dei fatti che vi accadono.

Proprio in virtù di questa relazione, oltre al trascorrere delle stagioni e, rispetto al quotidiano, al sorgere e al tramontare del sole, l’uomo ha avvertito l’esigenza di utilizzare riferimenti sempre più “oggettivi” per “segnare il tempo”.

Vitruvio, ad esempio, nel suo trattato De Architettura, dedicato ad Augusto, e in particolare nella sezione “Aedificatio gnomonica”, ci descrive i vari tipi di orologi solari, che furono i primi a computare lo scorrere delle ore.

Visitando paesi, borghi medievali o antichi monasteri, è facile rimanere attratti da quadranti che sfruttano l’ombra solare proiettata su di essi da certi stili, detti gnomoni, disposti parallelamente all’asse della rotazione della terra.

L’ora di riferimento, in genere, restava quella segnata dalla meridiana linea del mezzogiorno, “meridies” in latino nella suddivisione duodecimale che si faceva del tempo diurno.

Molto interessante, tra l’altro, l’origine del termine “gnomone”: dal greco “gnòmon-onos” che significa “conoscitore”, appartenente alla famiglia linguistica di (gi) gno (sko), “conosco”.

I primi tentativi di misurare il tempo coincidono, dunque, con il desiderio di approfondire la sua conoscenza, legata agli studi della meccanica celeste.

Dai babilonesi in poi, ad esempio, ma probabilmente anche da prima, l’idea di un tempo misurato con quadranti solari, e in certi casi anche con quadranti lunisolari, portava a convinzioni venate anche di un certo pensiero “irrazionale”:

  1. noi apparteniamo a un tutto misterioso
  1. subendo l’influsso astrale-divino subiamo continuamente delle mutazioni nella mente e nel corpo.

Gli uomini dell’antichità si sentivano immersi in una concezione panico-religiosa, percependosi come realmente siamo: degli esseri piccolissimi ed effimeri rispetto all’universo che ci circonda.

Oltre alle meridiane, anche la combustione di alcuni materiali poteva fungere da segnatempo.

Durante il Medioevo, ad esempio, nei mona- steri esistevano le cosiddette “candele delle ore”, lunghe circa 50 cm, sulle quali erano incise dodici ore a numeri romani.

Esse venivano accese al calar del sole e spente prima dell’alba.

La messa a punto della molla a spirale, verso la fine del XVII Secolo, consentì la costruzione di orologi portatili.

Il passaggio alle concezioni moderne si compie nel Seicento.

Il contributo di Galileo è fondamentale: la sua scoperta di montagne sulla Luna fu la clamorosa dimostrazione della sostanziale unità tra cielo e terra.

Unità ribadita dagli studi sul pendolo, primo esempio di moto ciclico terrestre.

Newton completò l’opera e gettò le basi di quella che oggi chiamiamo la “meccanica classica”.

Il tempo della nuova meccanica è lineare, ma non unidirezionale: un modello di tempo in cui passato e futuro sono equivalenti, in apparente contrasto con l’esperienza comune.

I termini del problema non sono stati modificati dall’avvento della relatività o della meccanica quantistica, per cui possiamo parlare di “meccanica” senza ulteriori distinzioni.

“Tutto è relativo” è la semplice espressione che più comunemente utilizziamo per dare una sorta di “definizione” dell’incontro tra l’“oggettività” della scienza e la “soggettività” dei nostri vissuti.

Tale idea di relatività ci proviene dalle teorie elaborate da Albert Einstein.

Il grande “scienziato bambino” nel 1905 sintetizza un modello di pensiero in cui unifica i concetti di tempo e di spazio in quello unico di spazio-tempo.

Tuttavia, in questo paradigma teorico, il tempo conservava ancora la sua caratteristica di grandezza universale.

Il concetto di tempo, sempre secondo Einstein, cambiò notevolmente con la teoria della gravitazione del 1916.

Questa teoria è basata sul concetto di curvatura dello spazio-tempo e da qui in poi le cose, per noi poveri mortali, si complicano.

Del resto, negli anni Trenta, Arthur Eddington era solito dire che solo due persone al mondo potevano capire a fondo questa teoria.

Il nuovo modello è basato sul concetto di curvatura dello spazio- tempo la quale può giocare “strani scherzi”.

Proviamo ad avvicinarci a questa idea rivoluzionaria, non tanto con un esempio quanto piuttosto con un’analogia.

Pensiamo alla curvatura della superficie terrestre: se camminassimo sempre nella stessa direzione ritorneremmo al punto di partenza.

Il tempo e la sua storia

 

Il tempo, richiamando lo spazio, assume una dimensione di ciclicità già intuita per altro da Gian Battista Vico con i suoi “corsi e ricorsi storici” e da Friedrich Nietzsche con il suo concetto di “Eterno ritorno”.

E ancora: sulla terra gli effetti temporali della gravitazione sono molto piccoli – ma misurabili – e non conducono a situazioni parados- sali mentre, ad esempio, su un satellite in orbita il tempo scorre più velocemente rispetto a quello sulla superficie terrestre.

Le cose vanno ancor più diversamente nelle vicinanze di un “buco nero” nello spazio: sulla sua superficie il tempo si ferma.

Cosa si verifica all’interno?

La questione può apparire irrilevante – non possiamo stabilire un contatto con l’interno di un “buco nero” – ma è teoricamente importante.

Immaginiamo di filmare una scena.

Il film può essere proiettato sia in avanti, nella direzione normale, sia all’indietro cominciando dal fondo.

Nel primo caso vedremo sullo schermo una rappresentazione dell’evento originale, nel secondo un comportamento che differisce dal primo per lo scambio di passato e futuro.

Ebbene, questo secondo comportamento obbedisce quanto l’altro alle leggi della meccanica.

Le leggi della meccanica non offrono un criterio diretto per distinguere tra passato e futuro.

Consideriamo una scena semplice presa dalla vita di tutti i giorni: l’accensione di un fiammifero.

La proiezione invertita mostrerebbe una fiamma che si raccoglie attorno al fiammifero carbonizzato per ricostruire il fiammifero intatto e la sua capocchia: una scena chiaramente impossibile nella realtà ma permessa dalle leggi della meccanica.

Cosa succede?

Dobbiamo forse concludere che la meccanica è “sbagliata”?

Alla fine del XX secolo, Ludwig Boltzman diede a queste domande la risposta tuttora accettata dalla stragrande maggioranza dei fisici: la proiezione all’indietro di un evento naturale – esempio, il fiammifero – appare innaturale, perché rappresenta un evento talmente improbabile da essere a tutti gli effetti impossibile.

Una capocchia di fiammifero contiene una miriade di atomi, migliaia di miliardi di miliardi.

Nell’accensione si passa da una situazione relativamente ordinata – gli atomi di zolfo ben allineati a formare la capocchia – ad una estremamente disordinata: atomi che si disperdono in tutte le direzioni producendo calore, sprigionando energia.

Secondo la meccanica, invertendo la velocità di tutti gli atomi si tornerebbe alla situazione iniziale.

Inversione immaginabile nella teoria, impossibile nella pratica.

Boltzman ha così riportato il problema della “freccia del tempo” – una traiettoria che dal passato punta verso il futuro – ad un problema di probabilità relativa tra certi eventi e i loro opposti, in ultima analisi ad un problema di storia, intesa come l’accadere di tutti gli eventi possibili.

Le scene di cui abbiamo parlato, infatti, non sono altro che fotogrammi del grande film della storia dell’Universo che, come quella del fiammifero, parte da un’esplosione, il Big Bang, per continuare con l’espansione e il raffreddamento della sfera di fuoco originale, la formazione e l’espansione delle galassie, delle stelle, dei pianeti.

La freccia del tempo è la freccia che guida il nostro vissuto all’interno di questo film.

Nessun problema dunque?

Al contrario.

Il tempo rimane una questione sostanzialmente aperta che pone una serie di interrogativi:

  • l’Universo imploderà con un Big Crash? Ossia: il fiammifero acceso tornerà spento?
  • l’“irreversibilità” della freccia del tempo – dal passato al futuro – è una insostituibile pietra miliare nella nostra concezione del mondo, visto la strutturazione temporale della nostra memoria?
  • soltanto nel mondo della fantascienza il passato e il futuro sono interscambiabili?
  • esiste realmente la reincarnazione?
  • se congeliamo il nostro corpo morto, torneremo un giorno di nuovo in vita?
  • possiamo attribuire un significato universalmente accettabil econ divisibile alla nostra esistenza terrena?
  • passato, presente e futuro rappresentano un’unica dimensione del tempo oppure no?

Probabilmente, il fascino del tempo trae alimento proprio dal fatto che non abbiamo né credo avremo mai, le risposte sicure e definitive a queste domande.

Non ci rimane altro, per il momento, che continuare a cercare ba- gliori di luce nella fitta ombra del suo mistero.

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