La morte come “Porta Magica” dell’Esistenza

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La morte come “Porta Magica” dell’Esistenza

Nella piazza più grande di Roma, intitolata al primo re d’Italia Vittorio Emanuele II, esiste un complesso monumentale che racconta la storia stratificata del luogo dall’epoca degli acquedotti romani, passando per le ville dei nobili del XVII secolo fino ad arrivare agli sventramenti del 1873.

Tra queste testimonianze archeologiche, ne esiste una particolarmente evocativa, la cosiddetta “Porta Magica”.

Tale porta è l’unico elemento superstite di una delle tante ville che caratterizzavano buona parte del Colle Esquilino fino all’arrivo dei Piemontesi che spazzarono via tutto.

Il reperto proviene dal muro di cinta della villa appartenuta nel 1650 al marchese Massimiliano Palombara, cultore di scienze esoteriche e frequentatore del cenacolo della regina Cristina di Svezia.

Una leggenda narra che un misterioso pellegrino, dopo aver effettuato la trasmutazione di “piombo in oro” nel laboratorio del nobile romano, sparì senza lasciare traccia lasciando nel crogiolo oro purissimo e su un biglietto la formula per tale trasmutazione, trascritta poi sulla pietra della porta.

Ancora oggi possiamo osservare quei segni incisi ed indecifrabili, che sono in realtà opera dello stesso marchese, in tutta la loro misteriosa suggestione.

Mi piace utilizzare la metafora della Porta Magica di Piazza Vittorio a Roma, per associare la morte ed il morire ad un “passaggio attraverso una porta che ci trasformerà”.

Anche in italiano, la parola trapasso, che indica l’atto del morire, significa letteralmente “passo attraverso”.

La morte come “Porta Magica” dell’Esistenza

Trovo suggestivo associare l’ultimo atto della nostra “commedia” terrena ad un passaggio attraverso la porta magica dell’esistenza che, aprendosi, ci condurrà direttamente davanti al significato della vita e della morte.

Riceveremo quindi il dono della Conoscenza suprema, vale a dire che sapremo finalmente il motivo per cui abbiamo soggiornato per un certo periodo di tempo sul pianeta Terra.

Forse scopriremo il “nulla eterno” cantato dal Foscolo oppure troveremo paradisi o inferni o magari torneremo a reincarnarci in qualche altro essere, chissà...!

Voi cosa preferite?

La battuta conclusiva del film Uccellacci ed uccellini di Pier Paolo Pasolini, riferita alla morte, fa riflettere ancora in modo importante sul tema del “passaggio”.

“Quando il Cammino finisce, inizia il Viaggio”.

Come dire: la morte non è la fine della vita – il cammino terreno – ma l’inizio di un Viaggio alla scoperta di cosa sia fatta l’eternità.

Reicarnazioni karmiche o eterno riposo?

Ancora non lo sappiamo con certezza, ma qualcuno potrebbe scegliere intanto come suo epitaffio:

“Non piangete amici, è soltanto sonno arretrato!” 3.

3 La battuta è di Walter Chiari.

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