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“Buongiorno, amici e nemici.
Buongiorno a tutti.
Questo è il mio motto: buongiorno! Null’altri che buongiorno!
Se in per caso ho appuntamento con qualcuno o che mi incontro con qualcuno, io dico: buongiorno, buongiorno a tutti. In per primo io dico, buongiorno ai nemici; non è così in per dire che io auguro il buongiorno anche ai nemici.
No! Io dico buongiorno amici, e in soprattutto ai nemici. I nemici, amici miei, bisogno rispettarli e amarli, perché se sono nostri nemici, essi sono però amici dei loro amici, e se non rispettiamo i nostri nemici, manchiamo di rispetto anche agli amici dei nostri nemici, i quali, non so in un indomani possono anche diventare amici nostri”.
Alberto Sordi, nel personaggio del Conte Claro
Il leader ridens può cogliere almeno due riflessioni importanti da questo divertente monologo di Albertone:
E’ il punto di partenza per capire come la “strana coppia” entri in gioco nell’influenzare – nel bene e nel male – il benessere delle persone e delle organizzazioni.
Il titolo di questo capitolo è preso in prestito da un brillante film di Gene Saks, in cui Jack Lemmon è Felix, uomo preciso, meticoloso e maniaco dell’ordine e Walter Matthau è Oscar, un personaggio capace di portare scompiglio ovunque con la velocità di un uragano.
Ad un certo punto decidono di andare a vivere insieme…
La vis comica di questa commedia si impernia sul confronto-scontro di due stereotipi: il “manager” domestico perfetto organizzatore – Felix – e l’umorista/casinista totale – Oscar.
Il fatto che alla fine della storia arrivino, attraverso una sofferta conciliazione, ad influenzarsi reciprocamente in modo “positivo”, può stimolarci a ri-percorrere la strada di questo rapporto nella quotidianità della vita aziendale.
Sul rapporto tra umorismo e management, trovo utile avviare le riflessioni con un commento espresso da un partecipante alla nostra indagine:
“E’ un rapporto che apparentemente potrebbe sembrare dicotomico, ma che in realtà suggerisce un interessante approccio alla gestione di qualsiasi situazione professionale, dal livello dirigenziale a livelli impiegatizi di base.
La gestione di una risorsa umana, o di un eventuale problema sviluppatosi nel contesto lavorativo, comporta sempre e comunque un alto grado di stress che può essere in parte mitigato da ciò che costituisce senz’altro una preziosa risorsa, e una vera e propria strategia di azione, quale l’umorismo”
Non si tratta dunque di un rapporto dicotomico, di un binomio dagli elementi contrapposti ma di un vero e proprio approccio mentale per la gestione della vita organizzativa nei suoi risvolti psicologici e strategici.
Il valore aggiunto della coppia umorismo e management si fonda sulla loro desiderabile complementarietà, su un’ evidente affinità elettiva che si sviluppa attraverso una continua osmosi di positività e di benessere.
La domanda che ora si pone è: come definire il benessere organizzativo? Ecco una serie di indicatori – in termini di percezioni e vissuti soggettivi – che possono costituire un’utile check list per oggettivare il livello di benessere sperimentato dalle persone nelle organizzazioni:
Tali indicatori rappresentano i fattori critici rispetto ai quali le persone percepiscono il benessere o il malessere all’interno delle organizzazioni.
Se, ad esempio, in un gruppo di lavoro il leader adotta uno stile di direzione efficace, riduce di almeno un 70% i costi emotivi legati allo stress lavorativo producendo benessere per le persone; viceversa, un capo mediocre o pessimo, li aumenta a dismisura, deteriorando vistosamente il clima psicologico.
Un altro esempio tratto dalla quotidianità è la scarsa funzionalità dei sistemi di comunicazione.
A volte le persone – giustamente – si imbestialiscono quando un fax, un centralino, un pc o una stampante rimangono guasti per giorni se non addirittura per settimane.
Sulla base di tali constatazioni, le organizzazioni nelle quali possiamo spuntare in positivo tutte le voci della lista, si contano sulla punta delle dita.
Secondo Michael Kerr, attualmente esistono:
Possiamo divertirci a tradurre l’aggettivo “uninspiring” con quello che valutiamo più corrispondente ad alcune realtà organizzative che abbiamo avuto il dispiacere di conoscere:
Se ispirare significa letteralmente “to breath life into”, alitare la vita dentro, per contrappasso dantesco ci troviamo al cospetto di persone con motivazioni asfittiche, di contesti nei quali vi è un’ anossia comunicativa tra le funzioni organizzative, di manager che si suicidano psicologicamente con il sacchetto di plastica della miopia, della presunzione e della totale mancanza di umorismo.
Chi di noi, almeno in un’occasione, non ha avuto un capo incompetente dal punto di vista della gestione delle persone?
Chi di noi non ha sperimentato l’insostenibile pesantezza dell’essere – a volte anche fisica – del proprio responsabile?
Non c’è dubbio, un leader incompetente dal punto di vista gestionale, rappresenta il costo emotivo più elevato che un collaboratore tributa al lavoro.
L’osservazione giornaliera conferma che sono in molti a pagare il prezzo, più o meno salato, dell’incompetenza manageriale.
Condivido il punto di vista di Murphy e Murphy quando affermano che:
“The world is full of managers and desperately short of leaders – real leaders”.
Anche per chi non conosce l’inglese, la traduzione è drammaticamente facile!
Cosa fa, nello specifico, un capo per meritarsi l’appellativo di “bestia nera”?
Ecco le convinzioni radicate da cui prendono forma i comportamenti ed il conseguente stile di gestione del “Uninspiring Leader”:
Non è facile modificare o estirpare del tutto questi “limiting beliefs” – il loro potere psicologico è molto forte e condizionante – ma se qualcuno di voi si è riconosciuto in una o più di queste “convinzioni”, è caldamente invitato a lavorare su se stesso attraverso un’ accurata revisione del proprio stile di vita, per il proprio ed altrui benessere.
Mi piace considerare infatti il leader ridens un modello di eccellenza soprattutto quando riesce ad essere percepito e vissuto dai suoi collaboratori come un “maestro di vita”, una persona completa e realizzata nei diversi ambiti dell’esistenza.
Avere un carattere “forte” non significa quindi essere votati alla “mistica della sofferenza”, allo stacanovismo e all’inflessibilità; vuol dire piuttosto allenarsi nella palestra della vita mantenendo uno spirito sportivo ed allegro.
L’intelligenza emotiva di un leader ridens la si misura anche con la capacità di rivolgere costantemente la sua attenzione a tutta una serie di costi che non figurano formalmente nei bilanci ma impattano direttamente nella gestione quotidiana delle persone e quindi sulla trasformazione dell’operatività in risultati a valore aggiunto:
A questo punto, la domanda inequivocabile da porsi è: come abbattere questi costi?
Uno stile di leadership innovativo taglia le inutili ed onerose spese psicologiche attraverso un umorismo inteso come vero e proprio “trasformatore emozionale”, riuscendo a traghettare le persone da uno stato di affaticamento/sofferenza ad uno stato di distensione e benessere.
Il leader ridens compie intenzionalmente una vera e propria “operazione alchemica”, trasformando il “piombo” di certe opprimenti situazioni nell’ “oro” della serenità e del piacere di conseguire i risultati insieme.
Le occasioni organizzative in cui è opportuno attuare queste metamorfosi emotiva le troviamo indicate nel prospetto in fig. 4.
Oltre che un alchimista della risata, il leader ridens è anche un perspicace rabdomante capace di scovare le più sotterranee vene umoristiche risposte nei suoi collaboratori e valorizzarle.
Ben vengano il collaboratore dotato di umorismo, l’assistente briosa e dalla battuta pronta, il collega dalla sottile ironia: il capo con il sorriso, come un bravo direttore di un coro, offrirà a tutti l’occasione di esprimersi in accordo con la situazione, evitando accuratamente di produrre cacofonie.
E’ giunto il momento di dire definitivamente addio a quelle anacronistiche visioni che identificano il potere di chi comanda con la necessità di assumere un atteggiamento inflessibile, duro e razionale tout court.
Nella vita di tutti i giorni, sapere quando e come azionare la valvola di sicurezza nel momento in cui le pressioni iniziano ad essere intollerabili è un’abilità fondamentale per la leadership.
Cosa pensano/dicono i collaboratori di un capo dotato di senso dell’umorismo?
Oggi ai leader di ogni livello è richiesta l’abilità di contenere le ansie, i timori e le frustrazioni di collaboratori afflitti da incertezza e senso di precarietà o semplicemente da trascuratezza aziendale, nel senso che nessuno li valorizza per come meriterebbero.
Sempre più lavoratori volteggiano nel gran circo del mercato lanciandosi come acrobati dal trapezio di un contratto a progetto ad un altro: alla leadership è richiesto di fare da rete di protezione psicologica per tutte le eventuali “cadute”.
Contenere ansie ed allentare tensioni per un manager non significa stendere su un lettino il collaboratore per massaggiarlo o fargli psicoterapia ma offrire, nel rispetto della persona e soprattutto dei ruoli, un supporto comunicativo e gestionale nutrito di consigli pratici, indicazioni utili e , se è il caso, di un umorismo sdrammatizzante.
Adottando questo stile di leadership, il manager può cogliere la grande opportunità di aumentare il proprio spessore umano a tutto vantaggio della capacità di influenzare costruttivamente le persone.
Fig. 4 Quando e perché è utile l’umorismo in azienda
anni di esperienza
formatori e consulenti aziendali senior
corsi in aula / online e team building a catalogo
aziende Clienti
partecipanti