Persone, Personalita' e Personaggi: Effetto Pirandello

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Persone, Personalita' e Personaggi: l’ “Effetto Pirandello” in Azienda

di Stefano Greco
Psicologo del Lavoro, Saggista, Consulente di Direzione aziendale e Formatore E-mail: Stefano.greco@olympos.it

Sono trascorsi almeno trent’anni da quando Edgar Schein coniò il concetto di cultura organizzativa definendola come:

“L’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati validi, e perciò tali da poter essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a quei problemi”.

Gli “assunti fondamentali” facevano riferimento, in particolare, ai valori, alle convizioni di fondo, ai miti, ai simboli, al linguaggio, alle norme non scritte ma rispettate da tutti, al modello di leadership, dei ruoli e dei percorsi di carriera legittimati dalla proprietà, dal management o dalla“consuetudine aziendale”.

In ogni caso, la cultura organizzativa si configurava, nel bene e nel male, come sistema creato o ricreato ad immagine e somiglianza della leadership gerarchica, intesa come il modello di autorità imperante in azienda.

Dal concetto di cultura organizzativa all’elaborazione di quello relativo al clima psicologico interno, il passo fu relativamente breve.

Indagini e Sondaggi per rilevare le percezioni e i vissuti delle persone nei confronti del loro lavoro, dell’operato dei responsabili o più in generale nei confronti dell’organizzazione sono stati, e lo sono ancora, il risultato di una pratica manageriale attuata spesso in modo errato, nel momento in cui vengono confusi gli effetti dei problemi con le cause oppure quando servono semplicemente per “mettersi la coscienza a posto” o, ancora, quando i report finali vengono considerati un punto di arrivo invece che un punto di partenzaper fare sviluppo ed innescare processi di miglioramento condivisi e partecipati.

Pur avendo rappresentato una vera e propria pietra miliare della Psicologia del Lavoro e della Consulenza aziendale, lo storico paradigma della cultura organizzativa rischia oggi di apparire statico e disfunzionale, se non addirittura astratto.

Se è vero che “non è l’azienda a fare le persone ma sono le persone a fare l’azienda”, allora la cultura organizzativa può essere definita come un mondo dinamico ed in continuo fermento, corrispondente di fatto all’intera azienda, compresa la sua rete di rapporti con gli altri partner, in cui tutti possono modellare e/o influenzare tutti, in qualsiasi momento.

Come in un caleidoscopio, le persone rappresentano i colori e le forme combinati tra loro nei modi più impensati od impensabili.

Lontana anni luce dallo schema omologante e depressogeno delle “risorse umane”, della “retoricadei talenti” e del turn over infinito degli stagisti o degli apprendisti, l’organizzazione davvero
eccellente permette alle persone di consolidarsi in azienda, a partire da una stabilità contrattuale, e di“reinventarne la cultura”, ovvero di poter contribuire alla creazione di nuovi valori, di rinnovati stili di comunicazione e di relazione, di generare idee vincenti.

In sintesi, questo nuovo concetto di cultura organizzativa crea l’ambiente giusto per consentire ad ognuno di esprimersi con ed attraverso la propria personalità, intesa come l’insieme dei tratti caratteriali e delle risorse personali più creative e stimolanti anche se possono risultare distanti, almeno momentaneamente, dal core business aziendale.

Persone, Personalita' e Personaggi: l’ “Effetto Pirandello” in Azienda

 

Qualcuno poi, particolarmente dotato di caratteristiche personali ancora più spiccate ed originali, che possono andare dalla forte attitudine alla comunicazione alla leadership, passando per competenze informali maturate attraverso impegni sociali, ambientali o di volontariato, potrà diventare un vero e proprio “personaggio” in azienda: sarà un animatore, un catalizzatore di energie positive, un leader naturale al quale le persone potranno ispirarsi per ritrovare la motivazione ed il gusto per un lavoro ben fatto.

In questo radicale cambiamento del concetto di cultura organizzativa, le persone hanno guadagnato posizioni rispetto all’opportunità di una maggior presenza psicologica ed emotiva in azienda mentre i leader hanno perduto il loro privilegio dell’ “impronta valoriale e manageriale” da imprimere sulla cultura organizzativa stessa, come avveniva storicamente.

I rigidi sistemi gerarchici “top-down”, le convinzioni in base alle quali per un collaboratore sia più importante saper fare o eseguire piuttosto che saper pensare o ideare, che l’autorità od una procedura non debbano mai essere messe in discussione o che il gruppo di lavoro “dipende” dal proprio responsabile mentre lui rimane “indipendente”, concorrono a creare quello che mi sento di definire “L’effetto Pirandello” in azienda, ovvero la condizione psicologica ed organizzativa nella quale le persone diventano “personaggi in cerca d’autore”.

L’effetto Pirandello è una metafora presa a prestito da un famoso dramma del Premio Nobel siciliano, “I sei personaggi in cerca d’autore”, andato in scena per la prima volta al Teatro Valle di Roma il 10 maggio del 1921.

Sei persone entrano in un teatro mentre una compagnia di attori sta provando “Il gioco delle parti” di Pirandello.

Tuttavia, queste sei persone non sono persone ma personaggi immaginati da uno scrittore che, ad un certo punto, per stanchezza o forse deliberatamente, li ha abbandonati ed ora vorrebbero che il capo comico sostituisse l’autore facendo recitare il loro dramma agli attori.

Insoddisfatti di come gli attori interpretano le parti, saranno loro stessi ad inscenare il dramma, fino alla conclusione.

Questo “pretesto letterario” può esserci utile, anche ironicamente, per riflettere su quante volte siamo stati o ci siamo sentiti “abbandonati” dai nostri “autori”, ovvero dai nostri manager, responsabili, capi progetto o addirittura da tutta l’azienda.

A questo punto, ognuno di noi è libero di attribuire il personale significato al termine “abbandonato”: non seguito, non supportato, lasciato nello stesso ruolo per anni senza crescita professionale e/o economica, non valorizzato come personalità. In sintesi, questo nuovo concetto di cultura organizzativa è definibile sia come mondo aziendale in continuo fermento, partecipato ed animato da tutti, sia, volendo rimanere nella metafora teatrale, come un “palcoscenico organizzativo” dove ognuno è invitato a mostrarsi, esprimersi e a mettersi in gioco in maniera creativa e costruttiva.

In questa prospettiva, i “manager-autori” sono chiamati ad interpretare la leadership come un rapporto di interdipendenza emotiva prima ancora che operativa: la continuità tra pensiero strategico e azione realizzativa è assicurata solo sulla base della fiducia reciproca ed agita attraverso la consapevolezza che i collaboratori “dipendono” dal loro responsabile e che lui o lei “dipendono” dalle loro performance e soprattutto dalla voglia che hanno di seguirlo/a.

Nessuno oggi può sentirsi “indipendente” e, come nella corsa della staffetta, ognuno è tenuto a dare il meglio di sé per assicurare il corretto e quanto più veloce possibile passaggio del testimone.

Nel caso aziendale, il testimone è la comunicazione intesa come i flussi continui di dati, informazioni, contenuti, indicazioni, prescrizioni, suggerimenti.

Quasi tutti i problemi in azienda sono problemi di comunicazione, complicati a volte da ridondanze tecnologiche, più spesso dall’incapacità manageriale di ascoltare le persone, di porre le giuste domande, di relazionarsi e di empatizzare.

Probabilmente, questa è la radice dell’ “Effetto Pirandello” in azienda:

“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose, ciascuno un suo mondo di cose!

E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso ed il valore delle cose come sono dentro di me, mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci: non c’intendiamo mai!”

(Luigi Pirandello, da: “I sei personaggi in cerca d’autore”)

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