Da risorse umane a persone

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Da risorse umane a persone

“E allora nascono, con le sovvenzioni europee, persone che fanno lavori che nessuno capisce, alienati mentali che parlano di qualità totale.

Come se potesse esistere una cosa di qualità.

Esiste una persona di qualità, ma se sei uno stronzo fai delle stronzate! Parlano di Know-how...

Guardate sul Corriere cosa cercano a Milano.

A Milano è pieno di questa gente da sei, sette milioni al mese.

Cercavano uno human resources specialist (sullo schermo compare l’immagine di un trafiletto di giornale), uno specialista in risorse umane.

Noi siamo risorse umane, non persone.

Risorse come il carbone, il petrolio, e ci specializzano! Ci certificheranno!”3.

Correva l’anno del Signore 1998 e alla satira graffiante di Beppe Grillo non potevano sfuggire quelle “strane inserzioni” che avrebbero tristemente segnato l’inizio dell’epoca delle “risorse umane”.

Il giorno 8 settembre 2007, sempre il comico genovese organizza a Bologna il “VAFFA” Day i cui partecipanti in piazza sono destinati ad essere ricordati nella storia come il primo movimento collettivo della parolaccia antipolitica.

Negli stessi giorni del V-day, esce nelle librerie italiane “Il metodo antistronzi” (Elliot edizioni) scritto da Robert Sutton, docente di tecnica aziendale innovativa nella prestigiosa università americana di Stanford ed acerrimo nemico di capi arroganti, cafoni e “mobbizzatori”.

Nel 2008 Grillo concede il bis: secondo “V” Day il 25 aprile a Torino, mentre sugli scaffali delle librerie troviamo il libro di Bridie Clark, “Quella stronza del mio capo” (Baldini Castaldi Dalai Editore).

Insomma, cosa sta succedendo alla nostra società?

Evidentemente la risposta è che ormai non ci sono più parole... ma solo parolacce!

Il livello di insoddisfazione generale, di insofferenza e di saturazione delle persone ha ormai raggiunto il livello di guardia e probabilmente lo ha anche oltrepassato.

Siamo effettivamente stanchi di sentirci chiamare “risorse umane” e soprattutto essere trattati come tali, da certi manager, politici ed accademici dell’organizzazione.

Le persone che hanno conquistato la loro posizione lavorativa grazie al loro merito e che sudano per mantenerla ogni giorno, ne hanno abbastanza delle caste di privilegiati – non solo politici – e dei raccomandati figli di papà, nipoti di zii e nonni che, guarda caso, arrivano sempre prima e nei posti migliori.

In alcune organizzazioni, pubbliche o private ormai non fa più differenza, possiamo ricostruire interi alberi genealogici di parenti e affini, ben radicati e ramificati in ogni direzione.

Tuttavia, sono convinto che non saranno le parolacce a risolvere il problema, anzi.

Gettare benzina emotiva sul fuoco della rabbia non aiuta certo a spegnere l’incendio della delusione e della frustrazione.

Credo invece che riportare la discussione e le argomentazioni sul piano di una riflessione orientata al problem solving operativo, ci aiuti a crescere e a responsabilizzarci tutti in modo più consono alla nostra intelligenza di esseri umani, se vogliamo ancora considerarci tali!

Il libro che vi apprestate a leggere non va soltanto letto: va accolto ed interpretato come un segnale forte e chiaro di una volontà di cambiare concretamente lo stato attuale di quella che possiamo definire l’ “epoca delle risorse umane”. Stiamo vivendo infatti una fase di “regressione storica” in cui i fantasmi dello sfruttamento, dell’alienazione, della schiavitù e del razzismo stanno tornando sulla terra come degli zombie.

Intendiamoci: i problemi sul lavoro sono sempre esistiti, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è una costante della storia del genere umano ma una differenza mi colpisce in particolare rispetto al passato: oggi “le catene degli schiavi moderni” sono invisibili, mascherate da una cortina di buonismo, avvolte in un surreale alone di pseudocontentezza, legittimate da comunicazioni ambigue, manipolative, melliflue.

La morte sul lavoro viene definita “bianca” come se il colore immacolato potesse per un attimo far dimenticare o nascondere le drammatiche condizioni di assenza di sicurezza in cui certi lavori vengono svolti.

Anche lo sciopero è bianco.

Da risorse umane a persone

 

Qualcuno spera che il candore della definizione faccia passare la rabbia a centinaia di persone rimaste bloccate negli aeroporti o nelle stazioni, perdendo salute, tempo e soldi.

Il lavoro nero – attenzione, si cambia colore! – si preferisce ultimamente chiamarlo “sommerso”, un predicato meno funereo e più suggestivo o più “tollerabile”.

L’aggressività e la violenza fisica di un tempo sono state sostituite da quella silenziosa e legale (!) di un contratto “atipico” – altro irrispettoso aggettivo caratterizzante i nostri tempi – , di un lavoro mascherato da stage, di un apprendistato professionalizzante che dura tre anni o di corsi di specializzazione che ne durano quattro.

Insomma, per certi aspetti, siamo ripiombati in un clima da piena “rivoluzione industriale”.

Magari oggi al posto della manodopera abbiamo la mentedopera o la mentevalanza ma invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia.

I call center di oggi, sono le catene di montaggio di ieri, i ricercatori universitari equiparati a degli amministrativi, i cosiddetti knowledge workers come truppe da sbarco sul mercato, pronte ad essere impallinate dal primo sfruttatore di turno.

Conosco dei colleghi formatori che vanno in aula per 30,00 euro lordi l’ora e qualcuno anche per meno!

“Te ne vai? Tanto dietro c’è una fila di gente pronta a prendere il tuo posto!”.

Una classica battuta da “Gestore di risorse umane” o, pardon, da “HR specialist” e mi raccomando con la pronuncia!

Comunque, per fortuna, qualche organizzazione ancora convinta che le persone siano persone e non risorse umane esiste.

Abbiamo raccolto una serie di testimonianze la cui lettura ci ha risollevato il morale e fornito un ulteriore stimolo per la realizzazione di questo libro.

Siate pronti poi ad accogliere e sfruttare proficuamente la “carica delle 101 idee”, il capitolo dedicato a tutta una serie di suggerimenti operativi da mettere in pratica per fare il salto di qualità da “risorse umane” a “persone”, nel proprio contesto organizzativo.

Il libro è arricchito anche da un capitolo dedicato alla storia e alla missione dell’ Associazione Tutela Diritti Acquisiti dei Lavoratori – Over 40 che già il nome la dice lunga sulle attuali problematiche vissute dalle persone “Over”, anche se oggi i problemi riguardano pure gli “Under 40 e 30”.

In sintesi, questo libro vuol costituire il trampolino di lancio del pensiero verso azioni realmente e costruttivamente trasformative degli attuali contesti organizzativi e degli altri sistemi sociali.

Buona lettura, quindi, con l’augurio che le riflessioni, gli approfondimenti concettuali e le proposte operative possano stimolare la vostra coscienza critica, la motivazione al miglioramento oltre che arricchire il personale bagaglio di conoscenze.

Ci impegniamo a farvi entrare nello spirito dei tempi che stiamo vivendo con il sentito auspicio che possiate uscirne con la voglia di cambiare tutto quello che è in vostro potere di cambiare.

3 “Tutto il grillo che conta. Dodici anni di monologhi, polemiche, censure”, Feltrinelli, Milano, settima edizione, 2006 7

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