Lo stato dell’arte in Italia

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Lo stato dell’arte in Italia

Molti ne parlano, pochi lo applicano: stiamo discutendo del merito nel nostro Paese.

Secondo una recente indagine che Federmanager e Fondirigenti hanno realizzato coinvolgendo 752 soggetti su tutto il territorio nazionale tra imprenditori, manager d'industria, consulenti aziendali, dirigenti della Pubblica Amministrazione, docenti universitari, politici e giornalisti, solo il 36% dei manager italiani lo applica incondizionatamente.

La notizia è stata riportata dall’agenzia Adnkronos il 29 febbraio 2008, giorno nel quale l'indagine è stata presentata a Roma, nell'ambito del VIII Meeting nazionale dei Giovani Dirigenti Federmanager dal titolo ''Il merito in Italia: un valore dimenticato?''.

Il principio del merito richiama la netta adesione degli intervistati, anche per un comprensibile pudore ad esprimere contrarietà: il 91% si dichiara favorevole, in linea generale, a tale principio.

Tale atteggiamento positivo comincia a mostrare i primi distinguo quando si passa a valutazioni indirette: il 41% ritiene difficile trovare criteri che permettano di misurare ed applicare in modo oggettivo il principio del merito.

Emerge inoltre una prevalente sfiducia sulla volontà delle persone di applicare il principio del merito alla propria categoria: solo il 36% sostiene la necessità di una sua applicazione incondizionata, il resto degli intervistati, invece, pone condizioni all'applicazione del principio del merito: la considerazione delle diverse situazioni di partenza, aspetto sottolineato in particolare dai politici, oppure la garanzia preliminare di un minimo di protezione, maggiormente sostenuta nel mondo accademico.

Ciò conferma l'opinione secondo cui si vorrebbe applicato il principio meritocratico sempre agli altri piuttosto che a se stessi o alla propria categoria (il 72% si dichiara d'accordo con tale affermazione).

Il 91% si dichiara d'accordo con l'affermazione secondo cui c'è l'abitudine a far maggiore affidamento sulle appartenenze e sulle relazioni più che sul merito.

Alla richiesta di esprimere, sulla base della propria esperienza personale, quanto ritiene di aver utilizzato il principio delle merito o quello delle appartenenze e delle conoscenze ben il 46% ammette di aver fatto carriera non solo grazie alle proprie capacità ma anche in virtù di conoscenze con persone influenti e di legami di appartenenza a cordate e associazioni.

In dettaglio quali i fattori più influenti agli effetti della carriera?

Lo stato dell’arte in Italia

Per gli imprenditori, i parlamentari ed i giornalisti sono le ''conoscenze politiche'', per i dirigenti il ''merito effettivo delle persone'', per i consulenti aziendali, i docenti e ricercatori universitari le ''relazioni con persone che contano''.

Nella percezione generale, solo il mondo dell'impresa applica in misura rilevante il principio del merito ed è propenso ad una sua estensione.

In tutte le altre categorie la meritocrazia tende ad essere contenuta e, addirittura, in ambito politico è giudicata quasi inesistente: volgendo lo sguardo al proprio ambito professionale, solo una minoranza (40%) giudica estesa l'applicazione del principio del merito.

Prevale, invece, l'idea di un impiego modesto o della totale assenza di tale criterio.

In questo panorama, si distinguono per un maggior riconoscimento della meritocrazia all'interno della propria categoria gli imprenditori (58%) ed i dirigenti del settore privato (50%).

I settori in cui si avverte in misura minore il principio meritocratico sono la politica (33%) ed il giornalismo (18%).

E così la creazione di una migliore classe dirigente, l'aumento della competitività del Paese e la selezione dei veri talenti, considerate pressoché dalla totalità degli intervistati conseguenze positive di un'applicazione estesa del principio del merito, non rappresentano evidentemente motivazioni abbastanza forti per sollecitare una sua effettiva diffusione, se non a patto di garantire comunque un minimo di tutele e di opportunità per tutti.

Leggendo i dati di questa indagine ed il libro di Abravanel, viene spontaneo chiedersi, più che cosa si è fatto, cosa non si è fatto in tutti questi anni in Italia e soprattutto perché non lo si è voluto fare.

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