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Intervistatore: “Allora, Lippi, comunque vada, sarà un successo!”
Marcello Lippi:“Questa frase non mi piace, innesca un meccanismo inconscio di quasi appagamento chenon va bene prima di una gara”
4 luglio 2006, alla vigilia di Italia – Germania
Ho più volte ribadito, nel corso del testo, che la formazione o “la si fa bene” o è preferibile rinviarla a quando saranno disponibili le risorse che servono.
Gli “arrangiamenti” nuocciono alla necessaria qualità richiesta da ogni tipo di apprendimento ed ancor più danni sono causati da alcuni “errori” legati al fare formazione.
Ragioniamo in termini di errore sia dal punto di vista strettamente tecnico, come nell’esempio dei corsi non tarati, sia di natura strategica, come nel caso in cui l’azienda scelga – a volte suo malgrado – consulenti formatori incompetenti o “inutili” guru oppure decida di svolgere attività formative “inquinate” dallo sperimentalismo.
Un corso di formazione può essere non tarato quando:
Gli “ecc…”, inoltre, sono un indicatore di imprecisione e bassa qualità progettuale.
Un esempio: “Corso Fondamenti di Management” articolato in 2 giornate + 2 giornate
Obbiettivi:
Contenuti di massima:
Un esempio: all’interno di un corso di “Tecniche avanzate di negoziazione con il Cliente Affluent” ci sono partecipanti che hanno svolto il corso base di negoziazione ed altri invece no.
Attenzione: il sesso o l’età anagrafica dei partecipanti non rappresentano criteri di omogeneità o disomogeneità di un’aula.
Questi ultimi due punti rappresentano attualmente un serio problema.
La forte contrazione dei tempi resi disponibili dalle aziende per le attività formative compromette la necessaria qualità di cui ha bisogno la formazione per trasformarsi da centro di costo a centro di valore.
Molte società di consulenza, dal canto loro, si sono adeguate alle esigenze di “fast training” del mercato, senza però avvertire i Clienti delle controindicazioni presenti in questa tipologia di offerta formativa.
Prendiamo in considerazione i seguenti esempi tratti dalla realtà:
1) Una società di consulenza propone un corso interaziendale – ossia un intervento formativo per figure professionali provenienti da più aziende – di una giornata sulle “Caratteristiche del ruolo dell’Assistente di Direzione” il cui programma prevede l’approfondimento di questi quattro punti:
2) Un’altra società promuove un corso interaziendale per Direttori commerciali di due giornate dal titolo: “Organizzare, gestire, valutare e motivare i propri Venditori”.
Istintivamente potremmo dire che in entrambi i casi c’è troppa carne sul fuoco.
Parlando invece tecnicamente, il dimensionamento dei tempi rispetto ai contenuti da trattare è completamente starato.
Per svolgere adeguatamente il programma proposto nel primo esempio occorrono due giornate e nel secondo caso, tre giornate + almeno una giornata di follow up.
A proposito dei corsi interaziendali, è opportuno ricordare che, mentre tale modalità formativa può costituire un valido strumento di stimolo ed informazione in settori “tecnici” come ad esempio negli aggiornamenti su normative fiscali, tributarie, di Diritto del Lavoro o nell’utilizzo di software applicativi, nel campo manageriale e commerciale hanno bisogno comunque di essere seguiti o preceduti da interventi più personalizzati.
In altre parole, a meno che essi non vengano strutturati come degli incontri di benchmarking per l’analisi delle migliori prassi nella leadership piuttosto che nella direzione vendite, da soli possono risultare di scarsa efficacia.
Infatti, se sono basati esclusivamente su “un programma standard di contenuti” non creano valore aggiunto perché ogni azienda è diversa dall’altra riguardo gli stili di leadership richiesti o le strategie commerciali da implementare.
“Sono sempre pronto ad imparare, non sempre a lasciare che mi insegnino”.
Penso che ogni partecipante dovrebbe farsi tatuare questa citazione diWinston Churchill prima di recarsi a qualsivoglia attività formativa e a renderla ben visibile al relatore o ai relatori di turno.
La formazione è uno di quei mestieri che attrae nugoli di professionisti di varia estrazione e sciami di studenti universitari incoscienti dello spaventoso squilibrio che esiste in questo settore tra la domanda – contenuta – e l’offerta – infinita.
Le conseguenze di tale situazione sono almeno due:
L’incompetenza di un consulente formatore può manifestarsi a due livelli, spesso intrecciati o sovrapposti:
Per risolvere l’incompetenza riguardo gli aspetti tecnici del mestiere, valgono i riferimenti ai criteri metodologici approfonditi nei capitoli precedenti.
Qui voglio sottolineare in particolare il momento in cui l’incapacità e paradossalmente anche la competenza tecnica vengono per così dire contaminate da un atteggiamento di fondo scorretto perchè manipolativo e/o irrispettoso nei confronti dei partecipanti.
Alcuni esempi:
Il formatore fantasma
E’ la figura che assegna lavori in sottogruppi – della durata di un’ora e più – e si assenta dall’aula per telefonare e/o fare i suoi comodi.
Il formatore con il dono dell’ubiquità
E’ la figura convinta di poter gestire due aule in contemporanea.
Il formatore taumaturgo
E’ la figura tipica del “grande motivatore”, dalla cui presenza sul palco i partecipanti dicono di ricevere “tanta energia” e che genera “un entusiasmo incontenibile”.
Solitamente, tali personaggi basano la loro performance su un forte carisma e su modalità comunicative molto accattivanti in termini di linguaggio verbale e non verbale.
In talune circostanze, l’intervento di queste persone può creare un certo valore aggiunto ma le occasioni in cui questo si verifica sono rare.
Gli “spettatori”, infatti, dopo la stridente “sgommata della motivazione”, hanno bisogno di capire esattamente quale strada intraprendere, come percorrerla e se c’è qualcuno che li affiancherà nelle sfide di ogni giorno.
Se tali aspetti pratici e di sostanza vengono a mancare nella prolusione e/o rimangono occultati dietro il paravento di incitamenti puramente emotivi, l’intervento perde il suo valore formativo e risulta, alla fine della fiera, inutile.
Il formatore necrofilo
Il quotidiano “La Repubblica” del 9 marzo del 2006 pubblica una notizia dal titolo:
“Racconta il tuo funerale così lavorerai meglio”.
Un Comune del Sud Italia ha affidato la formazione manageriale dei suoi dirigenti ad un formatore che, per aiutare i partecipanti a visualizzare “un futuro possibile”, ha escogitato il seguente espediente “formativo”: una lettera con le istruzioni per l’uso consegnata ad ogni partecipante con su scritto:
“Entri nella camera ardente, guardi nella bara, e improvvisamente ti trovi faccia a faccia con te stesso.
Quello è il tuo funerale.
Tutte quelle persone sono venute per onorarti, per esprimere sentimenti di amore e di apprezzamento per la tua vita ed in particolare per quello che hai fatto in qualità di dirigente nel comune di (…). Prendi una sedia e, nell’attesa che inizi l’ufficio funebre, guardi il programma che hai tra le mani.
Prenderanno la parola quattro persone.
Il primo sarà un tuo parente stretto, forse tuo figlio. Il secondo ad intervenire sarà uno dei tuoi più cari amici.
Il terzo sarà un tuo collega di lavoro. Ed il quarto, il presidente dell’associazione di volontariato che frequentavi ormai da molti anni.
Adesso rifletti profondamente.
Guarda attentamente i presenti. In che modo avresti voluto influire sulla loro vita? Che cosa ti piacerebbe che ciascuno di questi oratori dicesse di te e della tua vita?
Adesso scrivi di seguito il discorso di ciascuno dei quattro interventi”.
L’episodio si commenta da solo.
Tuttavia, l’insegnamento che ne possiamo trarre è che a nessun formatore va data, è il caso di dire, “carta bianca”.
E’ necessario che il committente/cliente verifichi sistematicamente la progettualità degli interventi prima dell’erogazione e condivida, almeno per linee guida, le metodologie formative che il relatore prevede di utilizzare.
Nel caso descritto, ormai, possiamo solo “denunciare” il formatore in questione per “incompetenza colposa con l’aggravante della iettatura!”.
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