Lettura sulla resilienza

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Lettura sulla resilienza

Resilienza e gestione del cambiamento si collocano all’interno della cornice dell’intelligenza emotiva.

Cosa significa intelligenza emotiva?

Saper vivere bene quello che ci accade in modo particolarmente stimolante quelle situazioni che ci mettono alla prova.

Quei momenti in cui siamo chiamati a dare il meglio di noi stessi quindi well-being benessere ma aggiungo anche bell’essere.

La bellezza interiore, prendersi cura del nostro benessere come anche positività da trasferire non solo a noi stessi ma agli altri.

Analizzeremo in tre passaggi il tema della resilienza:

  1. Una prima parte dedicata all'approfondimento del concetto: che cos'è la resilienza e perché come adulti siamo chiamati a svilupparla?
  1. Il secondo passaggio sarà un metodo pratico in sette punti che ci aiuta a coltivare la resilienza ogni giorno.
  1. Terzo passaggio un momento di autovalutazione quindi ognuno si confronterà con questo metodo.

Partiamo con un proverbio coreano: “Lo stelo del riso si piega quando è maturo”.

Che cosa significa? Non solo mi piego ma non mi spezzo ma quando sonopiegato do il meglio di me.

Questa è una metafora per dire quando siamo piegati cioè quando siamo sotto pressione, quindi stiamo vivendo delle situazioni particolarmente impegnative dal punto di vista emotivo, psicologico, la resilienza è la capacità non solo di affrontarle ma addirittura dare il meglio di sé!

Questa è la sfida che accogliamo. Quindi quanto sei resiliente?

La resilienza è un concetto chiave, una risorsa dell'intelligenza emotiva.

Durante l’infanzia la resilienza si manifesta come intuizione, nell'adolescenza si manifesta come voglia di affermarsi.

Una risorsa volitiva cioè della volontà.

Per un adulto invece una risorsa che va incorporata proprio all'interno della propria personalità, è un'attrezzatura emotiva fondamentale.

Da dove deriva il termine resilienza?

Dal latino resilire che significa rimbalzare. La prima immagine della resilienza è un muro di gomma rispetto alle situazioni che uno vive.

Ma che cosa significa muro di gomma?

Sicuramente non indifferenza o aggressività o disprezzo ma la capacità di farsi rimbalzare addosso le situazioni più negative e più stressanti.

Immaginate di tenere in mano una pallina di gomma e di premerla forte con le dita, che cosa succede?

La pallina si deforma ma una volta lasciata la presa, la pallina ritorna allo stato originario.

E’ una metafora che utilizzo nella formazione per spiegare il concetto di resilienza per un adulto.

Tradotto vuol dire la capacità dopo esser stati pressati, provati, sollecitati, di riprendere la nostra forma originaria.

Sapete che cosa significa?

il nostro equilibrio emotivo, quindi la struttura della nostra personalità è rimasta stabile.

E' un po' come un edificio antisismico durante un terremoto magnitudo 9 della scala Richter.

La mia struttura di personalità, tutto quello che io sono e posso essere, quindi il concetto di well being, benessere e bell’essere.

Ho una tenuta emotiva che mi consente poi di dare una risposta all’evento.

Colgo lo spunto per reagire e rispondere positivamente.

La reazione è emotiva impulsiva, la risposta invece è competente.

La persona resiliente ha una struttura di fondo equilibrata, lavora in maniera molto intenzionale, è molto consapevole.

Mantiene una forte consapevolezza. Consapevolezza è una delle parole chiave della resilienza perché si attiva in modo consapevole non è un automatismo.

Questo è un punto chiave da chiarire: consapevolezza e risposta e non reazione emotiva.

La risposta è basata su competenze, riflessione, capacità di autocontrollo quindi è un concetto hub per utilizzare un termine inglese cioè connette diverse risorse, diverse capacità della persona.

La bella notizia è che di più chi meno, siamo tutti resilienti.

Il punto è quanto siamo resilienti, in quale misura e cosa possiamo fare per rafforzarla e svilupparla.

La relisienza è una airbag emotivo in caso di urto con la vita, in caso di crash rispetto a certe situazioni.

La resilienza ci consente di subire senza assorbire.

Nel momento dell’impatto ad esempio un cambiamento subito, una situazione che all'improvviso ci condiziona pesantemente, un contesto che ci mette alla prova sia lato professionale ma anche lato personale.

La resilienza si gioca un po a tutto campo. Quanto siamo resilienti con nostra
moglie, nostro marito, il nostro compagno?

La giochiamo un po’ a tutto campo, airbag emotivo. Capacità di subire senza assorbire.

A parte l’ironia, la resilienza la giochiamo anche nei confronti di qualche interlocutore particolarmente sfidante.

Non dico difficile perché nessuno di noi è facile o difficile.

La psicologia delle relazioni ci indica che a volte certi interlocutori, può essere il mio capo, può essere il mio collega, può essere il Cliente o un altro tipo d’interlocutore, ci sollecita al punto tale che bisogna mettere in atto il filtro emotivo della resilienza.

Ad esempio nelle relazioni interpersonali vale come capacità di filtrare per esempio le negatività, filtrare certe provocazioni, filtrare certi attacchi.

La resilienza è la capacità di interagire senza assorbire e qui siamo sul lato delle relazioni interpersonali.

Resilienza nei confronti degli eventi, delle situazioni che hanno una quota parte di oggettività nel generarci stress.

Distinguiamo sempre il fattore oggettivo da quello soggettivo perché lo ricordo ognuno è artefice del proprio stress.

Rispetto alle situazioni che viviamo ognuno di noi può fare la differenza e questo è un po’ la radice della resilienza.

Per sintetizzare un’altra definizione per noi utile è la capacità in psicologia diciamo di attraversare l’esperienza uscendone addirittura rafforzati quindi di nuovo consapevolezza e volontà.

Utilizzo volontà e non motivazione di proposito perché è molto intenzionale voler dare una risposta.

Traduco in pratica per un adulto per esempio è una visione proprio della vita degli eventi è una visione proattiva si dice.

Se vi ricordate chi ha visto Pulp Fiction, il personaggio di Winston Wolf risolvo problemi, quello è il 110 per cento di resilienza, in quel momento cioè è la capacità di affrontare al meglio quello che io incontro quindi mi viene incontro, mi viene addosso, dicevamo prima l'airbag emotivo.

Do una risposta e trovo soluzioni quindi mi piace associare la resilienza a una grande capacità di problem solving.

E’ un atteggiamento di fondo ben strutturato cioè la persona Winston Wolf.

E’ la capacità di trovare soluzioni, di essere propositivo.

La resilienza è un anticorpo psicologico. La resilienza si forma grazie alle esperienze che ci mettono alla prova.

Andiamo a caccia in maniera proattiva, andiamo a cercare le situazioni che sono per noi sfidanti sia aziendalmente ma anche a livello personale.

Se in chiave personale ho un conflitto con una persona allora quella è una bella palestra di resilienza per trovare una mediazione, una conciliazione per trovare una soluzione.

Un Cliente particolarmente impegnativo? Ottimo! E’ la mia palestra per la resilienza!

Andare d'accordo tra colleghi? Ottimo altra palestra di resilienza.

Il mio capo è un'altra palestra di resilienza. E’ la capacità di rigenerarsi, riprendersi da una crisi come per esempio un evento molto impattante.

La resilienza è quella risorsa chiave che ci aiuta a riprenderci e uscire fuori dalla crisi.

Essendo esseri umani e quindi esseri emozionali, consiglio di utilizzare la tecnica del massimo un quarto d’ora.

Posso provare rabbia, posso provare tristezza, posso provare il risentimento o addirittura ostilità, io me ne accorgo quindi forte consapevolezza su me stesso e concedo massimo 15 minuti a questa emozione per far parte di questa esperienza.

Al sedicesimo minuto dico stop, passo alla soluzione, esco fuori, cambio stato d’animo, lavoro su di me.

Mi faccio anche aiutare naturalmente, chiedo supporto al collega, al mio capo, a chi penso che possa costituire una risorsa per me resiliente.

Riepilogandolo resilire = rimbalzare quindi farci rimbalzare addosso soprattutto gli aspetti negativi, stressogeni di una situazione, mantenendoli a distanza di sicurezza per poter dare una risposta competente.

Risposta competente quando ci orientiamo alla soluzione, quando non permettiamo ad esempio che uno stato d'animo invada la mente e ci faccia perdere per esempio lucidità.

Non è facile bisogna allenarsi in questo.

In Olympos svolgiamo molto coaching all'interno dell’azienda.

Forniamo supporti di questo tipo alle persone per aiutarle proprio a focalizzare quali sono le azioni giuste da mettere in campo.

Siamo sul lato psicologico, la resilienza è tipicamente una risorsa psicologica dell’intelligenza emotiva.

L’intelligenza emotiva è la capacità di saper ben vivere le situazioni che ci mettono alla prova.

Questa è una definizione che ci aiuta a comprendere un po il campo da gioco.

Il campo da gioco sono quelle situazioni che ci mettono alla prova. Hanno una quota parte di oggettività, l’altra componente ce la mettiamo noi.

Possiamo giocare sulla parte soggettiva, non possiamo gestire direttamente il fattore esterno, quindi lavoriamo su quello che possiamo fare noi e su di noi.

Vengo quindi al secondo passaggio come farlo: il metodo per coltivare la resilienza. Il metodo è un insieme di 7 punti chiave.

Il primo punto introspezione.

La persona resiliente è molto introspettiva cioè si conosce molto bene.

Conosce quali sono i punti di forza e come posso far leva su di essi e quali sono i limiti o i punti di debolezza così ne tengo conto nell'azione.

Introspezione è anche quando siamo gocce di noi stessi, quando ci diamo la motivazione. La motivazione è quell’atto di volontà forte per uscire fuori da uno stato d'animo negativo.

Il secondo punto o fattore chiave: interazione.

L'interazione con gli altri è un fattore relazionale.

Una persona resiliente è curiosa degli altri caratteri, è curiosa delle altre persone ma non nel senso di gossip… ma proprio come voglia di interagire.

Dicevo prima ad esempio non esistono interlocutori facili o difficili.

Ognuno è unico nel suo genere. La persona resiliente approccia le persone con uno spirito conoscitivo cioè si mette alla prova, ama relazionarsi, aumenta il suo grado di resilienza, di compattezza.

Se volete vi do un’altra immagine, resilienza è una refrattarietà agli elementi negativi. Se qualcuno di voi ha a casa il cotto fiorentino, quel pavimento è refrattario alle infiltrazioni.

Ecco la resilienza, un'altra metafora per dire che non sono poroso rispetto alle interazioni con gli altri, mi relaziono e rimango resiliente rispetto a quello che mi arriva.

Terzo fattore chiave: iniziativa.

La persona resiliente non aspetta, non dice vediamo che succede, no lo fa succedere, lo fa accadere. La persona resiliente è proattiva quindi non aspetta che qualcun altro gli risolva il problema, si muove per primo sul lavoro.

Lettura sulla resilienza

Faccio qualche esempio pratico:

  • se mi manca un'informazione la vado a chiedere;
  • se ho bisogno di un supporto mi muovo per chiederlo;
  • se in azienda mi accorgo che c'è una carenza oppure il problema non è ben focalizzato io mi attivo per farlo focalizzare.

L’iniziativa, la proattività è un fattore chiave della resilienza. Non aspetto l'aiuto esterno ma mi attivo per primo, poi se l'aiuto arriva ben venga.

Il quarto fattore chiave: l’indipendenza dalle emozioni.

Attraversare l’esperienza, viverla, siamo esseri umani proviamo emozioni ma ben vengano da questo punto di vista perché le emozioni ci fanno sentire che siamo vivi.

Emozioni sì, emotività no!

La persona resiliente si accorge di quello che sta provando (tecnica del massimo 15 minuti), sono triste, sono arrabbiato, sono spaesato, sono disorientato, concedo a questa emozione massimo 15 minuti, me la vivo in maniera molto soggettiva cerco di dialogare anche con le emozioni e quindi fattore introspezione, sono coach di me stesso.

Al sedicesimo minuto ho risolto cioè sono uscito fuori da questo stato emotivo, mi pongo un obiettivo, mi oriento alla soluzione, cerco supporti.

Indipendenza dalle emozioni vuol dire non rimuoverle, non soffocare l'emozione ma riuscire addirittura a dialogarci. Sono arrabbiato?

Ma bene c'è questa rabbia, io la uso come propulsione, c'è un propellente come un razzo in una missione spaziale che decolla. Bene la rabbia, mi fa sentire vivo oppure la paura bene, perché la paura mi sveglia mi mette adrenalina addosso.

Ho bisogno di queste emozioni ma non mi lascio condizionare dall’emotività, questa è la chiave di lettura.

La persona resiliente seleziona l’aspetto positivo, costruttivo dell’emozione, qualunque essa sia e tiene fuori come un filtro l'emotività che può degenerare.

L'emotività gli fa perdere lucidità, non riesco poi come adulto e non riesco a focalizzarmi su quello che mi serve.

Il quinto fattore chiave è: la creatività.

La psicologia ormai ha dimostrato da anni che creatività uguale benessere.

Quando nominiamo la creatività, non devo essere Van Gogh, per creatività intendo un'espressione di tipo personale, un hobby, un interesse, stimoli che riportano la mente in un altro stato mentale.

Mi aiutano a vivere la quotidianità per esempio certe routine sia familiari, personali, lavorative ma in chiave di stimolo.

Ben venga la creatività come espressione personale, dicevo le arti, certo la creatività con la C maiuscola.

Per creatività intendiamo se tagliare il giardino per me è creativo, bene, se quello è un fattore chiave per me e mi aiuta ad essere resiliente.

Il sesto fattori chiave è l’umorismo.

Chi ce l'ha ha una marcia in più.

Questo lo sappiamo anche dal senso comune. L’umorismo è una visione della vita anche qui non è solo la capacità di ridere e far ridere.

E’ una chiave per sdrammatizzare, aumenta sicuramente il grado di resilienza. Vivano l’umorismo, la risata che aumenta le endorfine quindi ormoni del benessere in circolo, il buon umore.

Il settimo e ultimo ma non ultimo per importanza dei fattori chiave si chiama riferimento valoriale.

Traduco l’italiano: avere almeno un valore di guida nella vita. Un riferimento valoriale è un valore o più, valori religiosi, politici, spirituali, esistenziali.

Chi ha dei valori, io dico fosse anche il valore della vita come dono, siamo vivi, che meraviglia, che bello, quindi già questo mi ispira i comportamenti di ogni giorno è un riferimento valoriale.

Fondamentale avere almeno un valore guida poi qui ognuno fa i conti con se stesso naturalmente. Quello che mi preme sottolineare è il valore del valore ironicamente cioè quanto mi serve avere un principio guida nella mia vita.

Qualche altro spunto che mi viene dalla resilienza è sicuramente la capacità di trovare un adattamento funzionale alle situazioni ecco questa è un'altra espressione che usiamo in psicologia: adattamento funzionale.

Adattamento non è passività rispetto a quello che accade.

Funzionale vuol dire trovo una soluzione molto spesso questa soluzione è creativa cioè non è preconfezionata ma per la resilienza riuscire a trovare una via d’uscita, una exit strategy rispetto al momento emotivo è fondamentale e son sicuro che noi ce la possiamo fare da questo punto di vista.

La regola d'oro della resilienza: le 3 A.

A come Accogliere la sfida, ecco diverse situazioni, diverse esperienze della vita. Sono delle vere sfide per noi e ci mettono alla prova.

La prima A ci invita ad accoglierle bene, è un bene resiliente, ok mi metto alla prova, vedo che cosa posso fare, che risposta dare.

La prima A è accogliere la sfida.

La seconda A Apprendere.

La persona resiliente è una persona che apprende molto dall’esperienza, ne fa tesoro, estrae risorse per il domani.

Si domanda sempre che cosa mi ha insegnato questa esperienza?

Questo è molto utile in azienda per esempio, tra colleghi all’interno del gruppo di lavoro, capitalizzate molto l'esperienza ponetevela proprio come tecnica di lavoro.

Qualunque tipo di esperienza sia quella di successo (abbiamo raggiunto i risultati, abbiamo raggiunto l’obiettivo) oltre a dirci bravi, fantastici, che bello vediamo un po cos'è che ci ha portato al successo.

Questa è una tecnica che aiuta la resilienza di squadra.

Portare alla consapevolezza gli elementi che hanno giocato a favore ma anche le mie esperienze che non hanno conseguito il risultato che volevamo.

Perché non abbiamo conseguito il risultato?

Apprendere la seconda A su cui lavorarci in maniera strutturata, in maniera focalizzata mai improvvisata almeno in azienda.

La terza A è Amiamo la vita quindi amare la vita, positività, approccio resiliente pensando che un cambiamento è possibile.

Pensare sempre che un cambiamento sia possibile cioè una soluzione può esser sempre trovata.

Questa è l'approccio resiliente di amare la vita, vuol dire avere di fronte una sfida, prenderla come una palestra quindi bene un'opportunità per potenziarci e terzo punto obiettivo ricordarcela in futuro come un'esperienza emotivamente coinvolgente.

Siamo arrivati al terzo passaggio: vi invito per ogni punto a fare un’autovalutazione. Una scala progressiva da uno fino a 5.

Dove uno significa poco.

Vi lascio qualche minuto per fare l’autovalutazione.

Allora dove avete indicato quattro o cinque, vi sentite forti su quel punto quindi ve lo riconoscete, sentite che siete connessi a quell’elemento.

Rappresenta o rappresentano se sono più di uno, i vostri punti di forza nella resilienza.

L'obiettivo è coltivarli sempre di più attraverso la consapevolezza, attraverso un utilizzo intenzionale.

Dicevamo resilienza come unione dei due fattori chiave consapevolezza e volontà quindi intenzionalità.

Un adulto si muove guidato dalla riflessione, dall’approccio intenzionale al lordo o al netto di tutta l'emotività ma che abbiamo detto fa parte del nostro lavoro.

Dove avete invece indicato 1, 2 o 3 è un punto di sviluppo, un punto di attenzione, un punto di riflessione.

Ognuno fa un lavoro molto personalizzato si ritaglia delle riflessioni, degli spunti che abbiamo condiviso. Quali sono gli elementi sui quali lavorare, coltivare la resilienza?

Vuol dire focalizzarsi tanto sui punti di forza quindi dove sono efficace, dove sono forte, sono creativo, sono un umorista, bene faccio leva su quelli poi magari ecco l'iniziativa non l’avevo considerata così importante fino ad oggi.

Oggi mi pongo questo obiettivo di metterla come priorità psicologica oppure l’interazione, se fino a oggi non avevo pensato al fatto che gli interlocutori,ognuno è un mondo a sé, ognuno con la sua testa, con la sua visione del mondo, non esistono Clienti facili o difficili, colleghi facili o difficili o il capo facile o difficile.

Esistono le interazioni, le relazioni e io come persona resiliente l’approccio così, come una sfida, come uno stimolo e aggiungo mi diverto nel farlo!

Ricordiamoci la chiave se volete ludica, un po goliardica, che fa molto resilienza.

Buona resilienza!

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